Pur senza bandire la fratturazione idraulica a livello nazionale, opposizioni e società civile sono riusciti a bloccarla alzando i requisiti di protezione ambientale a livello locale
(Rinnovabili.it) – Tutte e cinque le compagnie che hanno avuto in concessione permessi di esplorazione per lo shale spagnolo hanno dato forfait. Strette tra la forte opposizione della società civile, le iniziative dei partiti a livello locale per vietare il fracking e un andamento del mercato del petrolio che con prezzi così bassi non rende gli scisti bituminosi economicamente convenienti, una dopo l’altra negli ultimi anni hanno abbandonato gli investimenti previsti. L’ultima è la basca Shesa (Sociedad de Hidrocarburos de Euskadi), una compagnia pubblica dipendende dal governo dei Paesi Baschi che, al contrario delle altre, vorrebbe procedere. Ma si è trovata invischiata tra ritardi e clausole contrattuali e da pochi giorni ha perso i diritti sui 5 permessi esplorativi di cui era titolare.
L’arrembaggio alle risorse di idrocarburi non convenzionali della Spagna era iniziata all’inizio del decennio. Il paese ha diversi bacini di shale sia sulla terraferma che offshore, principalmente concentrati nella conca vasco-cantabrica. Protagoniste, oltre a Shesa, anche Bnk, la statunitense Heyco, la canadese R2 Energy e la nordamericana San Leon. Insieme avevano fondato un gruppo di pressione – Shale Gas España – per bilanciare l’opposizione della società civile e del mondo ambientalista. Secondo studi della di questa piattaforma, le riserve spagnole ammonterebbero in totale a più di 2.000 miliardi di metri cubi, l’equivalente di 70 anni di consumo.
I parlamenti regionali invece hanno adottato un’altra strategia e hanno avuto risultati migliori. Negli ultimi anni su quasi tutto il territorio spagnolo sono stati rafforzati i requisiti di protezione ambientale, ad una soglia tale che il fracking viene di fatto bandito, benché formalmente non sia vietato. L’ultima regione a compiere questo passo è stata Castilla – La Mancha la scorsa settimana.