La moratoria sull'acquisto di fagioli di soia proveniente da deforestazione imposta dai big del settore come Cargill e Bunge ha agito come deterrente
Crollo della coltivazione di soia nelle aree della deforestazione
(Rinnovabili.it) – Nelle zone dell’Amazzonia di recente deforestazione, il Brasile ha bloccato nell’ultimo anno la coltivazione della soia. La crescita del settore, che contava di mettere a frutto le zone di foresta rase al suolo negli anni precedenti, si è arrestata a causa anche di una serie di misure per impedire gli acquisti di fagioli di soia provenienti da aree disboscate. A inceppare la macchina è stata una moratoria da parte di società come Cargill e Bunge (due dei colossi mondiali dell’agroindustria) sugli acquisti di semi di soia provenienti da terreni deforestati nell’Amazzonia brasiliana. In questo modo si è verificato il crollo della coltivazione di semi oleosi nella zona della foresta pluviale.
La coltivazione di soia da parte di grandi produttori agricoli, veri e propri latifondisti vecchio stampo, è un fattore trainante della deforestazione amazzonica. Dopo le attività di disboscamento, è inevitabile che le aree della giungla fino a quel momento incontaminate diventino irrecuperabili.
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Il Brasile è il più grande esportatore di soia al mondo, e il 13% della superficie dedicata alla monocoltura del legume si trova in Amazzonia. L’impatto sulla foresta provocato da questa agricoltura, totalmente industrializzata e a bassa intensità di lavoro, è stato considerato piuttosto intenso. Ma il polmone verde del pianeta è fondamentale nella lotta al cambiamento climatico, e le continue proteste per la svendita dell’ambiente ai latifondisti ha indotto le stesse imprese che commerciano il prodotto sul mercato globale a mettere un freno.
L’effetto è che solo l’1,2% della deforestazione nella regione amazzonica durante l’anno agrario 2016-2017 è imputabile alla coltivazione di soia. Il Ministero dell’Ambiente ha annunciato in ottobre che la deforestazione generale dell’Amazzonia è scesa del 16% tra luglio 2016 e luglio 2017, il primo calo negli ultimi tre anni.
Secondo Paulo Adario, responsabile foreste di Greenpeace Brasile, la moratoria dimostra che è possibile produrre senza la deforestazione.