(Rinnovabili.it) – In questi giorni l’inquinamento atmosferico sta facendo suonare parecchi campanelli d’allarme. Mentre in Italia lo si combatte con divieti (vedi il blocco del traffico di Roma) o rinforzi positivi (come nel caso dei mezzi pubblici gratuiti a Milano e Torino) c’è chi è alle prese con una vera emergenza smog difficilmente arginabile con qualche piccolo espediente. Parliamo di Pechino i cui livelli di inquinamento hanno raggiunto in questi giorni, se possibile, picchi impressionanti. Al punto che l’amministrazione cittadina si è vista costretta per la prima volta nella storia della capitale cinese ha dichiarare “allarme rosso”. Si tratta del livello d’allerta smog più alto previsto dal sistema di monitoraggio dell’aria, lanciato nella metropoli nel 2013.
L’allarme, che durerà fino a mezzogiorno di domani, implica una serie di contro-misure d’emergenza come la chiusura delle scuole, l’arresto dei cantieri edili e dei lavori all’aria aperta, l’introduzione di targhe alterne, nonché l’interruzione di alcuni impianti industriali.
L’allerta è iniziata il 7 dicembre a seguito di previsioni che indicavano per tre giorni livelli di particolato nell’aria oltre i 300 microgrammi per metro cubo, lì dove l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di non superare i 25 microgrammi per metro cubo. In realtà, la qualità dell’aria non dovrebbe essere peggiore di quella registrata la settimana scorsa, quando l’emittente televisiva nazionale CCTV riferiva una visibilità ridotta, a causa dello smog, ai 200 metri. Il ministro dell’Ambiente Chen Jining ha convocato una riunione speciale nella serata di lunedì 7 dicembre per sollecitare una maggiore vigilanza nella capitale e nelle vicine città e ha aumentato il numero di squadre di “ispezione ambientale”.
Le misure messe in campo sembrano però poco più che palliativi dal momento che ormai da anni la Cina sta combattendo con un inquinamento atmosferico da record. A preoccupare è soprattutto quella certa tolleranza nei confronti del problema, fatta di dati nazionali troppo discordanti da quelli rilasciati da indagini dipendenti. Un atteggiamento che può essere facilmente riassunto in uno dei consigli elargiti alla popolazione dalla CCTV “Sorridete e cercate di essere positivi (si spera che domani ci sia meno smog)”.
Per qualcuno però il primo allarme rosso è pur sempre da considerare un segno di cambiamento: “Questa misura manifesta che il governo ha almeno il coraggio di riconoscere l’esistenza del problema”, ha spiegato Ma Jun, direttore dell’Istituto degli affari pubblici e ambientali (un gruppo ambientalista cinese).
Meno scalpore ha fatto invece l’airpocalypse di Nuova Delhi, nonostante la capitale indiana non abbia nulla da “invidiare” a quella cinese. Avvolta anch’essa in una densa cappa di smog, nello stesso giorno dell’arme rosso di Pechino, ha raggiunto un picco di particolato ultra sottile di 314 microgrammi per metro cubo. Il Comitato di controllo sull’inquinamento cittadino (Dpcc) ha segnalato un inquinamento atmosferico “severo” (il più alto livello della scala di rischio indiana) avvertendo tramite il proprio sito web delle possibili conseguenze “sull’apparato respiratorio delle persone sane” e delle “gravi conseguenze per coloro che soffrono di malattie polmonari o cardiache”.
In questo caso però mancano quasi completamente le contro-misure. Il governo indiano ha iniziato a parlare di targhe alterne, ma la soluzione non verrà messa in pratica prima del 2016. Tensioni e preoccupazioni non mancano al punto che una sezione dell’Alta corte di Delhi ha paragonato l’aria della metropoli a quella di una “camera a gas” chiedendo al governo cittadino di predisporre immediatamente un piano d’azione e presentarlo entro il 21 dicembre.