Il dato è stato rilevato dallo studio "Sentieri", coordinato dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha coinvolto 45 Siti italiani contaminati. Dall'Ilva di Taranto fino alla città di Casale Monferrato, in Piemonte, passando per le miniere del Sulcis in Sardegna
I siti contaminati in Italia hanno causato la morte di 11.992 persone in 8 anni, 5.285 per tumori e 3.632 per malattie dell’apparato cardiocircolatorio
(Rinnovabili.it) – Vivere in aree ad alto inquinamento e in prossimità di siti contaminati porta ad un rischio di mortalità più alto del 4-5% rispetto alle persone che vivono in zone non a rischio . Più nello specifico si tratta del 4% di mortalità in più per gli uomini e del +5% per le donne. Lo rileva lo studio “Sentieri”, coordinato dell’Istituto Superiore di Sanità che ha coinvolto 45 Siti di Interesse Nazionale o Regionale di tutta Italia che comprendono zone come le miniere del Sulcis in Sardegna, le acciaierie dell’Ilva di Taranto, le raffinerie di Gela in Sicilia, il litorale flegreo in Campania disseminato di discariche di rifiuti tossici e la città di Casale Monferrato, in Piemonte, nota alle cronache per il caso Eternit e l’inquinamento da amianto. Contaminazioni che hanno significato danni alla salute degli abitanti di quelle zone che hanno visto la morte di 11.992 persone, di cui 5.285 per tumori e 3.632 per malattie dell’apparato cardiocircolatorio.
“Sono numeri degni di nota e nel complesso tracciano un quadro coerente con quello emerso dalle precedenti rilevazioni. Questo significa che non vi è stato ancora un generale miglioramento della situazione della contaminazione ambientale a livello nazionale”, spiega Pietro Comba, responsabile scientifico del progetto “Sentieri” durante la presentazione dei risultati nel workshop “Un sistema permanente di sorveglianza epidemiologica nei siti contaminati”, ospitato dal Ministero della Salute. I 45 siti su cui si concentra l’analisi realizzata dal 2006 al 2013 riuniscono un totale di 6 milioni di persone, residenti in 319 comuni. In questa zona sono nove i tipi di esposizione ambientale considerate: amianto, area portuale, industria chimica, discarica, centrale elettrica, inceneritore, miniera o cava, raffineria, industria siderurgica. Lo studio ha le finalità di individuare le zone e gli agenti più critici per capire quali siano gli interventi di risanamento ambientale più urgenti da attuare per la tutela della salute delle persone.
Altri dati allarmanti riguardano l’aumento di tumori maligni del 9% tra 0 e 24 anni. Rispetto a persone non a rischio, sempre della stessa fascia d’età, si è riscontrato un aumento del 62% per i sarcomi dei tessuti molli, 66% per le leucemie mieloidi acute; 50% per i linfomi Non-Hodgkin. Dati che riguardano 28 siti su 45 oggetto dello studio Sentieri, quelli in cui è presente il registro tumori. “L’eccesso di incidenza di patologie oncologiche rispetto alle attese riguarda anche i giovani tra 20 e 29 anni residenti nei cosiddetti Siti di Interesse Nazionale, tra i quali si riscontra un eccesso del 50% di linfomi Non-Hodgkin e del 36% di tumori del testicolo”, ha spiega all’ANSA Ivano Iavarone, primo ricercatore Iss e direttore del centro collaborativo OMS Ambiente e salute nei siti contaminati.