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La Sicilia vuole chiudere le riserve naturali

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(Rinnovabili.it) – Per essere benevoli le chiameremo “contraddizioni”. In realtà c’è qualcosa di incredibile nella decisione della Regione Sicilia di chiudere tutte le sue riserve naturali per mancanza di fondi. Il dirigente dell’Assessorato Territorio e Ambiente (ARTA), Maurizio Pirillo, lo ha scritto ieri: per quest’anno abbiamo solo 859 mila euro, che non bastano a garantire la gestione delle aree protette. Servirebbero minimo 3,8 milioni di euro l’anno, quelli che ricevevano in passato. Ma in un bilancio di previsione 2016 di 22 miliardi di euro, la Regione non ha trovato i 4 milioni scarsi per mantenere in vita il patrimonio di 21 riserve naturali che l’isola può vantare. L’elenco comprende: Isola di Lampedusa, Macalube di Aragona, Grotta di Santa Ninfa, Lago Sfondato, Grotta di S.Angelo Muxaro, Grotta di Carburangeli, Grotta dei Puntali, Grotta della Molara, Grotta Conza, Grotta d’Entella, Monte Conca, Capo Rama, Lago Preola e Gorghi Tondi, Saline di Trapani e Paceco, Torre Salsa, Isola delle Femmine, Biviele di Gela, Saline di Priolo, Monte Pellegrino, Complesso Immacolatelle e Micio Conti e Isola Bella.

 

Gli Enti gestori dei parchi vengono invitati a «sospendere qualsiasi attività dal prossimo 16 aprile 2016», o in alternativa di «utilizzare eventuali risorse di altra provenienza». In pratica chiuderanno sabato, o dovranno accollarsi i costi della gestione. Questi enti sono Lipu, Cai, Italia Nostra, Gre, Rangers d’Italia e Università di Catania-Cutgana, Legambiente e WWF.

 

La Sicilia vuole chiudere le riserve naturali 2La presidente di WWF Italia, Donatella Bianchi, parla di «fatto gravissimo e senza precedenti che rischia, da un giorno all’altro, di vanificare l’enorme lavoro di salvaguardia e la corretta valorizzazione dei tesori naturalistici siciliani. Una decisione incomprensibile e con conseguenze drammatiche non solo per le aree naturali interessate, ma anche per i tanti lavoratori che hanno garantito (e garantiscono) la gestione delle riserve».

Una soluzione per reperire i fondi immediatamente ci sarebbe: la Regione Sicilia mantiene in servizio da anni 3.500 forestali condannati per incendio doloso e reati contro la pubblica amministrazione, contro il patrimonio, contro la persona e, dulcis in fundo, per mafia. Dal momento che l’esercito di oltre 25 mila forestali costa poco meno di mezzo miliardo di euro l’anno alla Regione, questi 3.500 campioni ne assorbono grossomodo (facendo una media aritmetica) 70 milioni di euro l’anno. Basterebbe cacciare le mele marce della forestale per garantire 4 milioni l’anno alle riserve naturali per 17 anni. Sarà una provocazione, ma qualche senso ce l’ha.

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