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Shell a processo per disastro ambientale nel delta del Niger

Shell a processo per disastro ambientale nel delta del Niger

 

(Rinnovabili.it) – Royal Dutch Shell finisce alla sbarra nei Paesi Bassi (dove ha sede legale) per il disastro ambientale nel delta del Niger. La corte d’appello dell’Aia ha confermato la competenza in merito alla causa intentata al colosso petrolifero nel 2008 da 4 contadini nigeriani e la ONG Friends of the Earth. Gli agricoltori hanno dovuto attendere 7 anni a causa di numerosi ostacoli giuridici sollevati dall’azienda, ma alla fine hanno vinto: il processo si farà.

Si tratta di una sentenza unica, che può fare da apripista per le vittime dell’inquinamento ambientale e delle violazioni dei diritti umani in tutto il mondo. D’ora in poi, quando la Shell sarà coinvolta, le comunità colpite potranno utilizzare i tribunali olandesi per avanzare richieste di risarcimento. Oltre alla decisione sulla competenza, il giudice ha anche stabilito che la società dovrà consentire l’accesso ai documenti interni.

«È una vittoria schiacciante per gli ambientalisti e i quattro coraggiosi agricoltori nigeriani che, per più di sette anni, hanno avuto il coraggio di contrastare una delle aziende più potenti del mondo – ha detto Geert Ritsema, attivista di Friends of the Earth Netherlands – Questa sentenza è un raggio di speranza per altre vittime del degrado ambientale, delle violazioni dei diritti umani e di altri comportamenti illeciti delle grandi società».

 

 

La mancata bonifica del disastro ambientale nel delta del Niger, provocato dal petrolio fuoriuscito dagli oleodotti Shell, ha estinto l’economia locale ammorbando le terre coltivabili e costretto gli agricoltori a lavori saltuari e mal pagati, gettandoli nella povertà. I ricorrenti chiedono che la compagnia ripulisca la zona, li risarcisca ed eviti ulteriore inquinamento, garantendo la manutenzione e il pattugliamento delle infrastrutture.

Shell a processo per disastro ambientale nel delta del NigerIl caso dei quattro contadini nigeriani è solo la punta dell’iceberg. Per decenni, la Nigeria è stato il terreno della più grande fuoriuscita di petrolio sulla Terra. Nel corso degli anni, una quantità di olio doppia rispetto a quella liberata dal disastro della piattaforma Deep Water Horizon nel Golfo del Messico (2010), ha devastato l’ambiente. Un rapporto pubblicato dal Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) nel 2011 dimostra che Shell ha fatto troppo poco per bonificare la zona. A inizio novembre, Amnesty International ha ribadito che l’azienda non ha rispettato gli obblighi di legge che le imponevano di interrompere l’inquinamento.

Shell ha sempre sostenuto che le perdite fossero causate da sabotaggi, e che in base al diritto nigeriano non sarebbe tenuta a pagare alcuna penale. La controllata del colosso in Nigeria – la Shell Petroleum Development Company of Nigeria (SPDC) – si dice «delusa che il giudice olandese abbia stabilito di assumere la competenza» sul caso. Ma il verdetto è chiaro: «È troppo presto – secondo la Corte dell’Aia – per pensare che le perdite siano state causate da sabotaggio».

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