La regione è devastata dalle fuoriuscite di petrolio, ma Shell non ha mai rispettato gli obblighi di legge che le imponevano di fermare l’inquinamento
(Rinnovabili.it) – Shell non ha rispettato gli obblighi di legge e ha proseguito il devastante inquinamento provocato dalle trivelle nella regione del delta del Niger. L’accusa di non aver interrotto le fuoriuscite di petrolio in quattro zone individuate dall’ONU viene direttamente da Amnesty International, in un rapporto di 38 pagine uscito stamattina.
Gli idrocarburi trafilano da condutture corrose e furti di greggio, alimentando un fenomeno che affligge questa zona da più di vent’anni. Il delta del Niger detiene grandi ricchezze in termini di petrolio e gas, ma altrettante sul fronte della biodiversità.
Amnesty ha tratto i suoi dati da ricerche condotte nelle aree di Boobanabe, Bomu Manifold, Barabeedom e in alcune zone della regione di Ogoniland, tra luglio e settembre. I ricercatori hanno detto di aver trovato le superfici allagate da una patina oleosa, «tratti di suolo annerito dal petrolio in diverse località» e, in alcuni casi, «diffusione dell’inquinamento a terreni e corsi d’acqua limitrofi».
Negli ultimi anni, Shell ha cercato di abbandonare i progetti di sfruttamento onshore in Nigeria, a causa dei numerosi furti, problemi di sicurezza e sversamenti che sul fronte legale hanno assunto un peso economico crescente. Nel mese di settembre, la compagnia ha annunciato che i suoi futuri investimenti nigeriani si concentreranno sul gas naturale per il consumo interno e l’esportazione.
L’inquinamento da petrolio e le favole raccontate dal gruppo sul conseguente sviluppo dell’area e delle comunità hanno innescato, in passato, una rivolta da parte di bande locali che hanno cominciato a prendere di mira gli impianti petroliferi.