Non parliamo più di shale gas come combustibile di transizione
(Rinnovabili.it) – A chi dice che il gas da scisti va annoverato tra i combustibili di transizione, l’Università di Manchester risponde con i fatti: il metano estratto con il fracking è agli ultimi posti di un’ipotetica scala di sostenibilità dei carburanti. Prendendo in considerazione una serie di aspetti e assumendo che siano tutti ugualmente importanti, la ricerca ha rilevato che lo shale gas è al settimo posto su nove fonti di produzione elettrica. Lo studio ha anche rilevato che per diventare l’opzione più sostenibile, sarebbero necessari grandi miglioramenti nelle tecnologie utilizzate, al punto da mandare fuori mercato un’industria che già oggi sopravvive grazie al contributo della deregolamentazione e dei sussidi. Tra le evoluzioni necessarie, gli esperti di Manchester individuano una riduzione degli impatti ambientali di 329 volte, senza dimenticare un aumento dell’occupazione 16 volte maggiore. Cifre che il settore non raggiungerà mai. In definitiva, il paper conclude che un mix energetico con meno anziché più shale gas sarebbe più sostenibile.
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Shale Gas sì o no? Il gas scisto a confronto con altre fonti rinnovabili
Si tratta di uno studio per ora unico nel suo genere, che tiene insieme la sostenibilità ambientale, economica e sociale del gas di scisto. Il contesto di riferimento è il Regno Unito, e propone un confronto fra il combustibile ed altre opzioni: carbone, nucleare, gas naturale, gas naturale liquefatto, solare fotovoltaico, eolico, idroelettrico e biomassa.
I risultati sono stati pubblicati su Science of The Total Environment, e sono ricavati dall’utilizzo di 18 indicatori di sostenibilità, 11 di tipo ambientale, 3 economici e 4 sociali. Diversi governi, tra cui quello britannico, ritengono che il gas di scisto abbia il potenziale per offrire ai paesi maggiore sicurezza energetica, crescita e posti di lavoro. Ma secondo i ricercatori, la sostenibilità del settore è lontana anni luce da fonti rinnovabili come eolico e fotovoltaico. Dovrebbe essere migliorata fino a 100 volte per poter competere anche soltanto con il gas naturale tradizionale, estratto nei confini nazionali, e perfino con quello liquefatto importato dall’estero.