Con una tassa sulla carne si evitano 600 miliardi di danni climatici
(Rinnovabili.it) – Una tassa sulla carne può evitare danni climatici per 600 miliardi di dollari entro il 2050. Lo afferma la rete Farm Animal Investment Risk & Return (FAIRR), che gestisce oltre 4 mila miliardi di dollari di asset. Il gruppo ha pubblicato un nuovo rapporto che analizza come “le tasse sui comportamenti” come il consumo di carne potrebbero portare ad un miglioramento della salute pubblica e ridurre i rischi climatici.
Con i paesi chiamati a rispettare l’accordo di Parigi, che suggerisce di limitare il riscaldamento globale entro i +2 °C entro il 2100, un aumento dei prezzi dei generi alimentari più impattanti sull’atmosfera potrebbe funzionare come deterrente.
Il fondatore della FAIRR, Jeremy Coller, ha dichiarato che «le tasse comportamentali sono sempre più comuni. Ecco perché negli ultimi anni abbiamo visto 16 paesi adottare una tassa sullo zucchero. Il danno che l’industria della carne causa alla nostra salute e all’ambiente la rende molto esposta a simili prelievi, ed è sempre più probabile che vedremo la meat tax diventare una realtà. Continuare a sovvenzionare la produzione di carne è in antitesi rispetto a ciò che sarebbe necessario. Se i responsabili politici vogliono coprire i costi reali delle epidemie del bestiame, come l’influenza aviaria, o le epidemie umane come obesità, diabete e cancro, affrontando anche la doppia sfida del cambiamento climatico e della resistenza agli antibiotici, allora il passaggio dai sussidi alla tassazione dell’industria della carne sembra inevitabile».
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Secondo l’Università di Oxford, citata dal documento di FAIRR, l’eliminazione completa della carne dalle diete mondiali risparmierebbe circa 1.600 miliardi di dollari di costi sanitari e ambientali entro il 2050, evitando 600 miliardi di dollari di soli danni climatici.
Secondo la FAO, l’allevamento animale è responsabile del 14,5% delle emissioni globali di gas serra e le previsioni indicano che il consumo di carne aumenterà del 76% entro il 2050. I trend mostrano che il settore agricolo, alla metà del secolo, sarà responsabile di 20 delle 23 gigatonnellate di CO2 ammesse dal budget di carbonio annuale, clasciando solo 3 gigatonnellate per il resto dell’economia globale. Evidentemente troppo poco per far quadrare i conti. Paesi come Svezia e Danimarca stanno esplorando scenari che incorporano una meat tax: Copenaghen sta discutendo l’implementazione di una tassa di 2,5 euro al chilo.
A detta della Chalmers University of Technology, che ha portato avanti una ricerca con l’Istituto svedese di ricerca tecnica, gli agricoltori europei potrebbero ridurre le emissioni abbandonando le pratiche zootecniche e incorporando nuove tecnologie agricole. Combinando questi due approcci potrebbero ridurre le emissioni di quasi il 50%.