(Rinnovabili.it) – Si è chiuso ieri a New Orleans il processo alla British Petroleum (BP), responsabile del disastro ambientale del 2010 nel Golfo del Messico. La sentenza definitiva certifica il patteggiamento da 20 miliardi di dollari che l’azienda britannica verserà per riparare ai danni ecologici causati dalla marea nera provocata dalla fuoriuscita di petrolio in seguito all’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon. Dei 20 miliardi di risarcimenti, 5,5 serviranno a pagare la multa per violazione del Clean Water Act, mentre il resto andrà a sovvenzionare le perdite di 5 Stati del Golfo colpiti dal disastro.
Si tratta del patteggiamento più costoso della storia statunitense: il denaro sarà versato nel corso di 16 anni.
La catastrofe uccise 11 lavoratori, ferendone 17 e causò la fuoriuscita di 500 milioni di litri di petrolio in mare. La sera del 20 aprile del 2010, tutto iniziò con una fuga di gas all’interno del pozzo che la trivella stava perforando. La piattaforma sorgeva a 80 km dalla costa sud-est della Louisiana: dopo il boato si inabissò, riversando circa 5 milioni di barili di petrolio nelle acque del Golfo per 87 giorni. Centinaia chilometri di costa vennero imbrattati di nero, con gravissimi danni per la vita marina, gli uccelli e le barriere coralline.
Nell’ultimo anno, BP ha riportato una perdita di 6,5 miliardi di dollari, la peggiore della sua storia. La società ha inoltre annunciato, lo scorso febbraio, che taglierà 7 mila posti di lavoro. Bob Dudley, amministratore delegato della società, ha guadagnato quasi 20 milioni di dollari nel 2015, il 20% in più rispetto all’anno precedente, nonostante le perdite dell’azienda e i licenziamenti.
Il petrolio non si è fermato solo sulle coste statunitensi, ma ha raggiunto anche quelle messicane. Ecco perché i problemi per la BP non sono finiti: ora dovrà affrontare gli esiti di alcune cause presso il Tribunale federale di Città del Messico, intentate a dicembre 2015 da una ONG, la Acciones Colectivas de Sinaloa. Gli avvocati specializzati in diritto dell’ambiente che compongono l’organizzazione, hanno deciso di muoversi in autonomia dopo che, a 5 anni dal disastro ambientale, il governo messicano non aveva intrapreso alcuna azione legale. Entro la fine di quest’anno la Sinaloa si attende un verdetto.