Dal Senato arriva la conferma dell'entrata in vigore della legge che specifica spessore e vincoli di commercializzazione di sacchetti monouso e riutilizzabili
(Rinnovabili.it) – Lo ha confermato ieri il Senato: la legge sui bioshopper è entrata pienamente in vigore e contiene la specifica relativa a quali siano o meno i prodotti commercializzabili.
In particolare, l’art. 2, le disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell’ambiente stabilisce quali “tipologie di sacchi da asporto siano esenti dal divieto di commercializzazione previsto dall’articolo 1, comma 1130, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dall’articolo 23, comma 21-novies, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102”.
Nella normativa si fa riferimento ai sacchi realizzati con polimeri (plastiche) conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002 (quindi materiali compostabili), nonché a quelli che sono realizzati con altri polimeri (materiali non compostabili) che rispondono contemporaneamente ad altri requisiti che qualificano un sacco come riutilizzabile e quindi da preferire rispetto ai sacchi monouso. Tali requisiti sono:
1. spessore superiore a 200 micron se trattasi di sacchi destinati all’uso alimentare (cioè per il trasporto di alimenti) e 100 micron se destinati ad altri usi, qualora siano provvisti di una maniglia esterna alla dimensione utile dello stesso sacco.
2. spessore superiore ai 100 micron se destinati all’uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi, qualora siano provvisti di maniglia interna alla dimensione utile del sacco. Il comma 2 dello stesso articolo prevede la possibilità che entro il 31 dicembre 2013 siano individuate eventuali ulteriori caratteristiche tecniche dei sacchi, ai fini della loro commercializzazione. Tali caratteristiche dovranno essere specificate, nel caso, con decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell’ambiente e dello sviluppo economico.
Per quanto riguarda i sacchetti realizzati con polimeri non compostabili, l’obbligo è che debbano contenere minimo il 10% di plastica riciclata proveniente dalla raccolta differenziata, percentuale che sale al 30% se i sacchetti sono destinati al trasporto di alimenti.
Nelle specifiche viene inoltre chiarito quale sia la differenza tra sacchetti compostabili e non. I sacchi non compostabili possono quindi essere commercializzati esclusivamente in caso rispettino gli standard di spessore sopraelencati nella speranza che possano essere riutilizzati più volte dal consumatore e quindi nell’obbligo di garantire una certa resistenza e durata. Il comma 3 aggiunge un’ulteriore specifica tecnica a cui devono rispondere i sacchi per essere commercializzati e cioè che debbano contenere plastica riciclata. “Il fatto che le buste siano realizzate con plastica riciclata nelle percentuali previste al comma 3 non esime però dall’osservanza dei requisiti di cui al comma 1 in quanto a tipo di maniglia e spessore, come erroneamente diffuso da Unionplast ai suoi associati” si legge nella nota diffusa dal Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, in risposta ad una interrogazione scritta del Senatore Francesco Ferrante.