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Sei Regioni unite nel dire No alle trivelle

Abruzzo, Molise, Puglia, Marche, Basilicata e Calabria confermano la loro opposizione alle opere di trivellazione. Un no che chiede dialogo con il Governo, ma che non teme lo scontro

Sei Regioni unite nel dire No alle trivelle

 

(Rinnovabili.it) – No alle trivelle. Risuona forte e chiara la contrarietà unanime di Abruzzo, Molise, Puglia, Marche, Basilicata e Calabria alle operazioni di trivellazione in mare. A ribadirlo, ancora una volta, sono stati i presidenti dei territori dal tavolo del Summit di Termoli, a cui ha preso parte anche l’europarlamentare croato, relatore della Strategia della Macroregione Adriatico-Ionica, Ivan Jakovcic. I sei si sono incontrati per far fronte comune in difesa dell’Adriatico e dello Ionio, mari sui cui pesa oggi l’ombra gettata dallo Sblocca Italia e dal piano Governativo per le nuove concessioni di esplorazione e trivellazione.

 

L’IPOTESI DEL REFERENDUM ABROGATIVO

“Cercare il petrolio qui è una follia –commenta il presidente della regione Puglia, Michele EmilianoTrasformare questa parte meravigliosa del Mediterraneo in un bacino petrolifero è un delirio”. I presidenti hanno dunque confermato il loro no netto ad opere di trivellazione nei mari, ribadendo comunque l’intenzione comune di avviare un dialogo con il Governo. La posizione di confronto, per le Regioni, rimane prioritaria, anche se le stesse sono pronte a valutare la praticabilità, quale estrema ratio, di tutti gli strumenti previsti dall’Ordinamento. “Chiediamo di essere ascoltati. Se lo Sblocca Italia viene inteso come una specie di bulldozer che serve a travolgere ogni tipo di controllo e tutte le decisioni delle popolazioni dei territori che devono accettare un’opera, sarebbe inaccettabile e non esiteremmo a sostenere il referendum per la sua abrogazione”, continua Emiliano.

 

IL RICORSO ALLA CONSULTA

Una linea d’azione convinta che per alcune di loro segue la decisione dello scorso di impugnare di fronte alla Corte Costituzionale la legge 166/2014 di conversione del decreto. Rispondendo all’azione promossa congiuntamente dagli ambientalisti di FAI, Greenpeace, Legambiente, Marevivo e WWF, Abruzzo, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto hanno infatti deciso di dar battaglia ai contestati articoli 37 e 38 del provvedimento ricorrendo alla giustizia amministrativa.

 

I PROSSIMI PASSI

Il prossimo 29 luglio si terrà per le Regioni la prima occasione di confronto con il Governo: al Ministero dello sviluppo economico è stato convocato il tavolo per discutere la compatibilità ambientale del metodo esplorativo “Airgun“. In questa sede le sei Regioni faranno presente al Mise di essersi costituite, per le questioni di tutela ambientale, portatrici di un unico interesse regionalistico. Dalla riunione di Termoli è emersa infatti la volontà di istituzionalizzare il coordinamento, creando anche un’agenda politica in grado di dare corpo a una nuova idea di regionalismo.

 

E proprio in vista dell’incontro di domani, le associazioni ambientaliste hanno rinnovato il loro appello alle Regioni affinché chiedano al Governo una moratoria che blocchi qualsiasi autorizzazione relativa alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sino a quando il Governo non definirà e sottoporrà a valutazione ambientale strategica i piani relativi a queste attività e alle strategie di decarbonizzazione dell’economia italiana. L’intenzione del nuovo coordinamento regionale ora è anche quello di allargare il fronte di protesta ad altri territori, come Campania ed Emilia Romagna, assente quest’ultima dall’incontro di Termoli. Un’assenza che pesa e che è così spiegata dall’assessore all’Ambiente Paola Gazzolo: “L’Emilia Romagna non si è mai sfilata da alcun confronto, anzi saremmo ben contenti di farlo, nelle sedi giuste”. Il riferimento ovviamente è quello alla Conferenza delle Regioni.