(Rinnovabili.it) – La localizzazione del deposito unico di scorie nucleari agita la provincia di Enna. La Carta delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi), redatta da ISPRA e SOGIN, doveva ricevere il via libera il 20 agosto, ma i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico si sono riservati più tempo per decidere. Per il momento, sulla lista ufficiale dei siti vige il massimo riserbo. Ma i comuni di Agira, Regalbuto e Nicosia hanno deciso di giocare d’anticipo dichiarando il proprio territorio denuclearizzato, per impedire tanto lo stoccaggio quanto il semplice transito dei rifiuti.
Tutto inizia con le indiscrezioni rivelate da Giuseppe Regalbuto, presidente della commissione Miniere dismesse dell’Unione regionale province siciliane (Urps). Secondo Regalbuto, che ha preso visione del documento preparatorio redatto dalla Sogin, le regioni sotto esame sarebbero Basilicata, Calabria e Sicilia. La prima versione dello studio esaminava 45 siti, tutti giacimenti salini, di cui ben 36 in Sicilia, mentre una successiva revisione che integrava i requisiti d’isolamento li avrebbe ridotti a tre: Salinella, Resuttano e Assoro-Agira.
Proprio quest’ultima, secondo Regalbuto, avrebbe alcune chances in più a causa della conformazione del sottosuolo. Infatti, quel territorio presenta vasti strati di salgemma e argilla, ideali per lo stoccaggio grazie alle proprietà isolanti e alla risposta in caso di eventi sismici. Al contrario di quanto ipotizzato in passato, non verrebbero sfruttate miniere di salgemma preesistenti, bensì sarebbe realizzato un nuovo scavo per ospitare i 90mila metri cubi di rifiuti radioattivi presenti in tutta Italia.
Le parole del membro dell’Urps hanno quindi spinto alcune città dell’Ennese a premunirsi sfoderando l’unica arma a disposizione, la delibera che dichiara il comune denuclearizzato. Insieme ai sindaci, si stanno mobilitando anche associazioni locali come il Presidio partecipativo del Patto di fiume Simeto. Così il deposito unico che dovrebbe garantire il decommissioning nucleare dell’Italia continua a trovare l’opposizione di comunità e amministrazioni locali. Ad aprile era stata la volta della Sardegna, dove il ministro Galletti aveva ricevuto un no deciso da cittadini e amministrazione regionale. Dopo la pubblicazione della Carta (attesa per settembre), il ministro ha promesso una fase di consultazione pubblica di quattro mesi. E viste le premesse, si preannuncia tutt’altro che pacata. In caso di fallimento del processo di consultazione, il piano B del governo prevede la nomina di un comitato interministeriale che sceglierà il sito.
Il nostro Paese ha l’obbligo di dar vita ad un sito di stoccaggio permanente dei rifiuti atomici, sancito dalla Direttiva europea 2011/70 Euratom, che impone ad ogni Stato membro la realizzazione di un deposito in grado di ospitare in sicurezza il combustibile nucleare esaurito e i rifiuti radioattivi, anche derivanti dagli impieghi medicali, di ricerca e industriali. Sono 23 i siti italiani che attualmente ospitano rifiuti radioattivi (guarda la mappa).