(Rinnovabili.it) – Avete pensato a come regolare i traffici nell’Artico dopo lo scioglimento dei ghiacci? La domanda è stata posta da 110 scienziati, provenienti da 27 istituzioni di tutta Europa che hanno lavorato al progetto ACCESS, cioè Artico, cambiamento climatico, economia e società. Il programma è stato messo in piedi per analizzare le conseguenze politiche, economiche, sociali e dell’ecosistema polare provocate dai cambiamenti climatici. Le loro conclusioni sono state presentate ieri a Vilanova i la Geltrú, in provincia di Barcellona. Le conclusioni verranno presentate al Consiglio artico nei prossimi giorni, e alla Commissione europea nelle prossime settimane. Una volta ricevute, devono essere approvate e rese pubbliche entro due mesi.
Ma quali avvertimenti contiene il lavoro del progetto ACCESS? Gli esperti hanno spiegato che la fusione dei ghiacci nel Mar Glaciale Artico non si arresta, e che nei prossimi 30 anni il ritiro della calotta corrisponderà a un aumento della navigazione e delle attività umane e industriali nella zona. Pertanto, consiglia il team, è necessario regolamentare più chiaramente un’area che oggi non è oggetto di troppi interessi, ma una volta più appetibile potrebbe generare tensioni sui diritti di sfruttamento delle sue risorse.
Secondo le previsioni, un aumento dell’attività umana in Artico nei prossimi decenni porterà grandi investimenti in infrastrutture. Gli scienziati ritengono necessario che il Codice polare venga esteso e adattato alla situazione.
L’attuale codice non disciplina infatti le emissioni inquinanti, mentre quelle da traffico marittimo in questa zona cresceranno. È necessario considerare gli effetti che tutto ciò avrà sulla qualità dell’aria intorno al Polo. Aumenterà anche il rumore complessivo causato da trasporto: quanto l’inquinamento acustico potrebbe incidere sull’ecosistema nei prossimi decenni? È una domanda che non solo chiede una risposta, ma anche misure adeguate per evitare impatti sulla fauna marina.
Gli scienziati hanno inoltre convenuto che la tecnologia disponibile non è sufficiente per affrontare le sfide future dell’Artico. Ad esempio, non siamo in grado di garantire l’evacuazione della popolazione nella zona o servizi emergenza. Un incidente potrebbe provocare massacri per la semplice incapacità di intervenire.