Lo dice un nuovo studio della Nasa che ha individuato 19 punti in cui le risorse di acqua dolce sono drammaticamente in crisi
La scarsità di acqua nel mondo secondo il team di scienziati della NASA porta la “chiara impronta umana”
(Rinnovabili.it) – Dovremmo fare i conti con la scarsità di acqua che sarà una delle sfide più dure del nostro secolo a livello ambientale. L’allarme arriva dalla Nasa che ha appena pubblicato sulla rivista Nature un nuovo studio nel quale vengono individuati ben 19 punti in cui le risorse idriche stanno esaurendo in modo drammatico. Tra le zone maggiormente interessate al fenomeno troviamo l’India settentrionale e orientale, il Medio Oriente, la California e l’Australia, dove un uso eccessivo delle risorse idriche ha causato un grave declino nella disponibilità di acqua dolce.
Lo studio, che si è basato sui dati raccolti dalla missione satellitare Nasa Grace (Gravity Recovery and Climate Experiment) è riuscito a tracciare i trend dell’acqua dolce dal 2002 al 2016 in tutto il mondo. Si tratta di un lavoro che è riuscito a mappare anche zone in precedenza poco conosciute o sulle quali non si avevano documentazione sufficienti.
Un esempio è la regione nella Cina nord-occidentale, nella provincia dello Xinjiang, che ha subito forti cali di risorse idriche a causa dell’esaurimento delle falde acquifere causate dall’industria e dall’irrigazione, nonostante sia stata interessata da una quantità normale di precipitazioni.
“Quello a cui stiamo assistendo è un grande cambiamento idrologico. Vediamo per la prima volta un modello molto particolare delle zone umide del mondo che diventano ancora più umide, alle alte latitudini e ai tropici, e le zone secche che diventano sempre più asciutte “, ha detto James Famiglietti, del Nasa Jet Propulsion Laboratory in California, e co-autore dello studio. “All’interno delle aree aride vediamo più zone interessate dall’esaurimento delle falde acquifere”.
Tra le altre aree investite dal fenomeno c’è il Mar Caspio che ha subito un restringimento del litorale. Se in precedenza questo cambiamento era stato attribuito a fattori naturali, il nuovo studio dimostra che è stato causato invece in gran parte dall’estrazione di acqua dai fiumi che alimentano il mare, necessaria per l’agricoltura e l’industria. Stessa sorte per il Mar d’Aral. In Iraq e in Siria, l’eccessiva dipendenza dalle acque sotterranee ha portato negli ultimi trent’anni alla costruzione da parte della Turchia di 22 dighe sui fiumi Tigri ed Eufrate. Ciò ha reso l’area il più grande hotspot identificato dallo studio con risorse idriche quasi un terzo inferiori al loro stato normale, escludendo le regioni scarsamente o totalmente disabitate come l’Antartide e la Groenlandia. Per gli autori della ricerca è ancora troppo presto per sostenere che queste modificazioni siano il risultato del riscaldamento globale. Gli scienziati hanno tuttavia sottolineato che ci sia una “chiara impronta umana” sul ciclo globale dell’acqua.