(Rinnovabili.it) – Uniti si vince, almeno così insegnano le più recenti lotte per l’ambiente nel Nord America. La mobilitazione internazionale sui due lati del confine tra Usa e Canada era nata già con le proteste contro il Keystone XL, oleodotto di 2mila km che avrebbe dovuto trasportare più di 800mila barili al giorno di sabbie bituminose. Più di recente l’opposizione dei nativi Sioux al DAPL, in Dakota, aveva raccolto adesioni dagli ambientalisti di tutto il continente. Adesso queste esperienze confluiscono in qualcosa di più grande e – forse – anche più organizzato e incisivo.
Oltre 50 tribù di nativi americani degli Stati Uniti e del Canada infatti hanno appena firmato la Treaty Alliance Against Tar Sands Expansion, un accordo per unire le proteste e fare fronte comune. Il focus principale è sulle sabbie bituminose, proprio quelle in ballo nel maxi progetto del Keystone XL. Ma il testo del patto nomina anche progetti di gasdotti e oleodotti che vengono portati avanti dalle grandi compagnie senza consultare le popolazioni locali e con discutibili criteri di rispetto dell’ambiente. Le aziende nel mirino sono per il momento Kinder Morgan, TransCanada Corp e Enbridge.
Si tratta della più vasta organizzazione di protesta mai creata da nativi americani, e potrebbe crescere col passare del tempo. L’esperienza del DAPL infatti ha dimostrato che oggi le ragioni della protesta possono essere accolte e fatte proprie anche da Ong ambientaliste, creando un movimento sfaccettato e decisamente più insidioso per le corporation che spingono per i grandi progetti energetici.
Il primo banco di prova saranno appunto quei progetti con cui il Canada sta cercando di trovare uno sbocco alternativo al Keystone per esportare le sabbie bituminose dell’Alberta. Le “tar sands”, questo il nome inglese, sono il combustibile più inquinante del mondo. La gran parte del combustibile grezzo viene ricavata tramite miniere a cielo aperto, scavate raschiando il terreno fino a creare enormi crateri profondi 40-60 metri. Il processo richiede tuttavia un maggior apporto di energia e di acqua rispetto agli idrocarburi convenzionali. Si impiegano circa tre barili di acqua per estrarre un barile di petrolio da sabbie bituminose. Più del 90%, finisce scaricata in pozze enormi che contengono sostanze cancerogene come il cianuro. Altri elementi tossici di cui il bitume è ricco sono mercurio, arsenico e acido solfidrico.