(Rinnovabili.it) – Era nell’aria da questa estate che l’Unione Europea avesse intenzione di indebolire la Direttiva sulla qualità dei carburanti per aprire al petrolio da sabbie bituminose e al gas da fracking. L’avvertimento arrivava da un dossier curato da Friends of the Earth e intitolato Dirty Deals, “sporche intese”. Adesso filtrano le prime novità, con la proposta della Commissione europea, arrivata in queste ore, di affossare l’obbligo di etichettatura delle sabbie bituminose come altamente inquinanti. Dopo anni di opposizione, le lobby possono finalmente stappare la bottiglia. La vittoria è stata possibile grazie al CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), un accordo bilaterale sul commercio e gli investimenti tra Canada ed Ue, approvato dal governo della foglia d’acero insieme alla Commissione il 26 settembre. Manca ancora il sì del Consiglio e del Parlamento europeo, ma si tratta di una mera formalità. I politici non hanno potuto mettere bocca nelle trattative, svolte direttamente da Bruxelles. Gli sarà consentito unicamente un “sì” o un “no” a giochi fatti, fra un paio di mesi. E dopo 10 anni di negoziati, viene difficile pensare a un esito diverso da quello meno auspicabile.
Grazie a questo trattato di libero scambio, presto i combustibili fossili ottenuti con i procedimenti estrattivi più inquinanti potranno fare il loro ingresso nel vecchio continente dalla porta principale. Nonostante nel 2009 fosse passata la Direttiva sulla qualità dei carburanti, che mirava a tagliare del 6% entro il 2020 le emissioni di gas serra prodotti dal settore dei trasporti. Nel 2011 era stata proprio la Commissione a dare l’ok per stimare il petrolio da sabbie bituminose 5 volte più inquinante di quello convenzionale. Ma adesso si è rimangiata tutto: l’intenzione è quella di richiedere ai raffinatori di dare soltanto indicazioni generali circa la materia prima utilizzata, senza più sottolineare la presenza o meno di sabbie bituminose.
Questo combustibile, estratto da colossi come Shell ed Exxon, ha un costo di produzione più alto del petrolio convenzionale, consuma più energia, acqua ed emette più carbonio durante tutto il suo ciclo di vita. Le sabbie bituminose sono un insieme di argilla, sabbia, acqua e bitume. Vengono estratte da miniere superficiali con gigantesche ruspe, oppure dai pozzi, adoperando tecniche come il pompaggio di vapore e solventi che ne riducono la viscosità.
Inutile dire che carburanti con questo impatto contribuiscono al cambiamento climatico: l’Unione europea, che fino ad oggi poteva vantare primati nella legislazione ambientale, sembra aver scelto di adeguarsi ai peggiori della classe. Prova ne è la stipula del trattato CETA con il Canada, fortemente voluto dalle grandi imprese multinazionali. Lo stesso rischia di succedere con il TTIP, che si sta discutendo da oltre un anno fra Commissione e Stati Uniti. E che porterebbe all’abbattimento di dazi e regolamenti tra due mercati immensi (insieme contano per il 40% del Pil globale). Abbassare gli standard europei con i trattati bilaterali, pertanto, non solo significherà “disco verde” per i combustibili fossili canadesi, ma presto anche per quelli USA, inquinando gravemente il mix energetico europeo che avrebbe dovuto basarsi sempre più sull’energia rinnovabile.