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I rischi degli aiuti per clima ed economia

I rischi degli aiuti per clima ed economia

(Rinnovabili.it) – Tre tappe importanti tra luglio e dicembre definiranno le politiche di aiuto ai Paesi poveri, dallo sviluppo al clima. Il primo, la terza conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo, si terrà ad Addis Abeba, in Etiopia, nel mese di luglio. Il secondo incontro, previsto a settembre, avrà lo scopo di concordare gli obiettivi di sviluppo sostenibile che sostituiranno i “Millennium Development Goals” delle Nazioni Unite. Infine, la Conferenza sul clima di Parigi 2015, a dicembre, definirà l’entità dei finanziamenti climatici.

In un documento di lavoro preparato in anticipo rispetto alla conferenza di Addis Abeba, il Regno Unito ha insistito sull’importanza di mobilitare risorse private e migliorare l’accesso ai finanziamenti per le donne e i poveri nei Paesi in via di sviluppo.

Anche il Canada ha chiesto un aumento dei partenariati pubblico-privato, che ritiene possano rappresentare «una componente essenziale della soluzione per i finanziamenti allo sviluppo». Ma queste proposte sono potenzialmente rischiose per diversi motivi.

Le paure delle ONG

Possono infatti far sì che alcuni Paesi non si impegnino più a dedicare lo 0,7% del loro reddito nazionale lordo per l’assistenza allo sviluppo. Lo dimostra il fatto che già adesso molti dei firmatari sono ancora molto lontani dall’acconsentire. Aumentare il ruolo degli investitori privati, inoltre, ​​può favorire le economie emergenti piuttosto che i paesi meno sviluppati, perché il privato si muove più in un’ottica di profitto che di assistenza. Ecco perché sceglierebbe zone del mondo dove vigono livelli più elevati di consumo e di crescita economica. E l’ultima cosa di cui hanno bisogno le nazioni più povere è la costruzione di un centro commerciale.

Secondo l’OCSE, l’assistenza allo sviluppo per i Paesi più poveri è in declino: nel 2013 è calata del 5,6%.

Finanziamenti privati ​​e clima

Metodi di finanziamento innovativi saranno quasi sicuramente introdotti quest’anno alla conferenza sul clima di Parigi 2015. Il Green Climate Fund, che sta lottando per raccogliere il denaro necessario a finanziare l’adattamento al cambiamento climatico delle nazioni meno sviluppate, ha recentemente espresso il suo interesse ad utilizzare obbligazioni e altri strumenti, tra cui il crowdfunding. Molti osservatori, però, pur considerando tali metodi come una trovata interessante, temono che possano creare più problemi di quanti ne risolvono.

 

La finanza speculativa sulla pelle dei poveri

Diverse ONG hanno pubblicato un documento in cui sollevano preoccupazioni per le tematiche che non sono state affrontate in preparazione della conferenza di Addis Abeba, in particolare la regolamentazione finanziaria. Il documento sottolinea che le regole per la separazione tra attività bancarie e commerciali non sono sempre applicate correttamente, o addirittura non vengono rispettate. La regolamentazione dei derivati, volta ad evitare la speculazione sui prodotti alimentari di base, non è ancora stato portata a compimento. Le paure delle ONG riguardano anche le proposte di cartolarizzazione dei debiti e l’aumento del ricorso alle public-private partnerships nei traballanti scenari delle nazioni in via di sviluppo. Temono un ripetersi degli effetti che hanno provocato la crisi finanziaria del 2008.

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