(Rinnovabili.it) – Fino a venerdì, 400 esperti di tutto il mondo si incontreranno a Hobart, in Australia, per fare il punto sullo stato degli oceani in relazione al continuo aumento di CO2. Ma oltre all’acidificazione, su cui si concentrano la maggior parte delle analisi, il riscaldamento globale potrebbe avere un secondo effetto: la deossigenazione. L’aumento delle temperature, infatti, potrebbe aumentare la diminuzione dell’ossigeno nelle acque marine, con conseguenze devastanti per la vita marina. Lo afferma Matthew Long, oceanografo del National Center for Atmospheric Research di Boulder (Colorado), in uno studio pubblicato insieme ad altri due ricercatori su Global Biogeochemical Cycles.
Il fenomeno, spiega lo studioso statunitense, è già rintracciabile in alcune zone di mare, ma tra il 2030 e il 2040 sarà molto più diffuso. Gli oceani senza ossigeno si trasformeranno in un mondo inospitale per miliardi di esseri che fino ad oggi li hanno abitati. Come se nelle nostre città vi fosse l’aria rarefatta dell’Everest, o peggio ancora. Mentre alcuni animali, come delfini e balene, risalgono in superficie per respirare, diverso è per molti altri abitanti dell’acqua: pesci e granchi, ad esempio, utilizzano l’ossigeno che entra in acqua dall’atmosfera o che viene prodotto dal fitoplancton tramite fotosintesi.
Se la superficie oceanica si riscalda, tuttavia, diminuisce la sua capacità di assorbire ossigeno. Inoltre, in acque più calde e dunque meno dense, l’ossigeno fatica a circolare in profondità.
«Dal momento che le concentrazioni di ossigeno nel mare variano naturalmente a seconda delle variazioni di vento e temperatura superficiale, è stato impegnativo attribuire la deossigenazione ai cambiamenti climatici – ha detto Long – Questo nuovo studio ci dice quando l’impatto del cambiamento climatico potrebbe sopraffare la variabilità naturale».
Entro il 2030 o il 2040, secondo la ricerca, la deossigenazione causata dal riscaldamento globale sarà rilevabile in vaste aree del Pacifico, comprese le aree circostanti le Hawaii e al largo della costa occidentale degli Stati Uniti. Ampi spazi di mare diverranno inospitali per la fauna marina nei prossimi 20 anni: potremo assistere allo spostamento di nuovi “rifugiati climatici”, questa volta tra gli abitanti delle profondità del mare. Chi non riuscirà ad adattarsi, invece, non potrà sopravvivere.