(Rinnovabili.it) – I livelli attuali di concentrazione di CO2 in atmosfera condannano il Pianeta a infrangere la soglia del +1,5°C di riscaldamento globale rispetto ai livelli pre-industriali sbandierata nell’accordo di Parigi. Lo afferma una nuova ricerca condotta dal Centre for Ecology & Hydrology inglese insieme all’università di Exeter, e appena pubblicata sulla rivista Scientific Reports.
Il punto sollevato dagli scienziati è questo. Siamo in una fase di disequilibrio climatico, che tenderà naturalmente a uno stato di assestamento. Ma la disparità di temperature registrate sulle masse terrestri e sugli oceani indica che – anche se mantenessimo gli stessi livelli di concentrazione delle emissioni, quindi anche se non inquinassimo più – il nuovo equilibrio comporterà un aumento globale delle temperature. E visti gli ultimi dati sulle temperature medie globali e il 2016 che si preannuncia l’anno più caldo della storia, è praticamente impossibile sperare di restare sotto la soglia del +1,5°C, come auspicato nel documento finale della COP21.
In particolare, il tasso di riscaldamento delle sole terre emerse è nettamente più alto della media globale, e anche mantenendo la concentrazione di CO2 in atmosfera al livello attuale di 400 ppm si sforeranno gli 1,5°C in molte zone della Terra. In secondo luogo, ne deriva che le temperature degli oceani salgono a un ritmo inferiore di quelle terrestri. Cosa significa però questo punto? “Gli oceani attualmente stanno abbassando notevolmente le temperature globali”, spiega il professor Chris Huntingford, uno degli autori della ricerca. Ma riceveranno calore dall’atmosfera nel prossimo futuro: così la temperatura media è destinata a salire. Perciò qualsiasi decisione a livello politico, fosse anche l’immediata interruzione di qualsiasi forma di inquinamento, non potrebbe evitare che le temperature globali tendano a un riassestamento, e quindi continuino a crescere.
Gli scienziati spiegano che non si tratta di allarmismo, quanto piuttosto di un’opportunità da cogliere: infatti i modelli climatici tradizionali tengono conto di livelli di emissioni più alte di quelle attuali, mentre il loro modello no. Quindi può essere usato per comprendere in modo più accurato quali effetti – nel breve periodo – il riscaldamento globale avrà sulla salute, sull’agricoltura, sugli ecosistemi più fragili. E capire come correre ai ripari.