(Rinnovabili.it) – Mettere un “mi piace” su Facebook, lanciare un tweet, mandare qualche e-mail, leggere un giornale web e guardare un video su YouTube. Moltiplicate queste attività per miliardi di utenti, e in un attimo avrete raggiunto il 2% delle emissioni che contribuiscono al riscaldamento globale. Anche Internet inquina, tanto quanto il trasporto aereo. Le cifre sono le stesse, e nel caso del web sono imputabili ai data center che consentono i servizi digitali di cui siamo sempre più affamati.
La conta dei danni e la proposta di soluzioni è contenuta nell’ultimo rapporto della GeSI (Global e-Sustainability Initiative). Si intitola “GeSI SMARTer2020: The Role of ICT in Driving a Sustainable Future”, e prende in esame la realtà dei server, considerabili dei veri e propri big energy users. Possono avere dimensioni variabili, da una piccola stanza a un’area di 150 mila metri quadri. Per fornirci il cloud computing, la musica, i film, l’intrattenimento e l’informazione, quei server hanno bisogno di una enorme quantità di energia per dissipare il grande calore prodotto. È per utilizzarne un po’ di meno, risparmiando un bel gruzzoletto, che grossi player come Facebook hanno localizzato i propri in Paesi dal clima freddo, come il nord della Svezia.
Un utente medio ha una ricaduta sulle emissioni totali quasi impercettibile, ma il grande numero di internauti porta le cifre a salire rapidamente: l’impronta di carbonio di Google era di 1.766.014 tonnellate di CO2 equivalente nel 2013, la maggior parte delle quali generate dai data center.
Secondo l’industria, è possibile lavorare sodo sull’efficienza energetica per disaccoppiare crescita economica ed emissioni, mantenendo queste ultime stabili anche nel caso – per la verità è una certezza – di ulteriore espansione del settore.
Di diverso avviso è Greenpeace, che fa tempo lavora sul censimento delle emissioni delle IT. L’associazione afferma che gli investimenti in efficienza non possono fare più di tanto: «Se si guarda alla crescita della domanda di data center e al nostro mondo digitale – spiega Gary Cook, analista di Greenpeace – si può capire come l’efficienza energetica possa rallentare la curva delle emissioni, ma questa è ancora diretta sulla luna».
Una risposta è il passaggio alle energie rinnovabili per alimentare questi enormi sistemi. Solo cambiando la fonte di approvvigionamento, dice il gruppo ambientalista, si può sviluppare il settore in maniera più sostenibile.