Il 2023 si è chiuso con +1,48°C di riscaldamento globale
(Rinnovabili.it) – L’anno scorso la temperatura media degli oceani è arrivata a livelli mai raggiunti prima, soprattutto nell’Atlantico settentrionale, mentre l’estensione del ghiaccio marino dell’Antartide è crollato sotto il minimo storico. Fenomeni di un’entità tale da risultare assolutamente eccezionali, pur nell’anno che ha segnato il nuovo record di riscaldamento globale con +1,48°C. Livelli del genere sono attesi soltanto in un mondo 2 volte più caldo di quello di oggi.
Il 2023 ha visto la curva delle temperature degli oceani restare per gran parte dell’anno su livelli senza precedenti, toccando il record assoluto con 21,1°C ad agosto (e di nuovo a gennaio 2024). È stato il primo anno in cui la temperatura media globale della superficie oceanica ha superato 1°C rispetto ai livelli preindustriali. L’aumento di calore nel solo 2023 rispetto al 2021 – circa 15 zettajoule (ZJ) – è 25 volte superiore all’energia totale prodotta da tutte le attività umane sulla Terra nel 2021. Nel Nord Atlantico questa anomalia è stata ancora più marcata. Mentre il 10 settembre 2023, il ghiaccio marino nell’Antartico ha raggiunto un’estensione massima annuale di 16,96 mln km2, stabilendo il nuovo record negativo nella serie storica iniziata nel 1979.
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“L’estrema temperatura superficiale del Nord Atlantico e l’estrema estensione del ghiaccio marino nell’Oceano Antartico nel 2023 si trovano ai margini del cambiamento climatico medio previsto per un livello di riscaldamento globale della temperatura dell’aria superficiale di 1,5°C, e più vicino alla media con un livello di global warming di 3°C”, scrivono gli autori di uno studio pubblicato su Bulletin of the American Meteorological Society.
Uno studio che sottolinea l’importanza di comprendere esattamente quali siano i meccanismi che hanno portato a questi estremi l’anno scorso. Meccanismi che, finora, non sono completamente chiari alla comunità scientifica, soprattutto per quanto riguarda l’interazione tra fattori diversi e eventuali meccanismi di feedback che si potrebbero essere attivati. Aspetti, questi, che sono cruciali per calibrare meglio le future politiche di mitigazione e adattamento al climate change. Se, infatti, eventi estremi di questa portata dovrebbero diventare “normali” non prima di diversi decenni, l’accelerazione in corso del riscaldamento globale sta mettendo alla prova l’adeguatezza dei modelli previsionali usati finora.