(Rinnovabili.it) – La relazione tra riscaldamento globale e conflitti? Esiste eccome. E peserà sempre di più in futuro. Lo afferma una ricerca appena pubblicata sulla rivista PNAS, che rivela una forte correlazione tra i cambiamenti climatici e lo scoppio di guerre in tutto il mondo. “Il nostro studio comprova un vantaggio davvero speciale che deriva dalla stabilizzazione del clima: la pace”, commenta Joachim Schellnhuber, a capo del Potsdam Institute e uno degli autori della ricerca.
È un legame davvero controverso, quello tra clima e conflitti. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon aveva definito la guerra in Darfur un conflitto legato all’acqua, suscitando polemiche a non finire. In molti sono convinti che la guerra in Siria sia stata scatenata anche, e soprattutto, dalla lunga stagione di siccità che aveva colpito il paese negli anni precedenti. Ma fino a questo momento le prove – quelle di livello statistico, almeno – non sembravano convincere fino in fondo.
“I nostri risultati implicano che i disastri ambientali possono agire da moltiplicatore della minaccia di guerre in molte delle regioni più soggette a conflitti”, si legge nella ricerca. In particolare sarebbero le nazioni dove convivono etnie diverse ad essere più vulnerabili allo scoppio di guerre in seguito a eventi climatici estremi come ondate di calore e siccità, con una tendenza che sembra destinata a peggiorare di pari passo con l’andamento del riscaldamento globale.
Dagli anni ’80 a oggi, nei paesi con diverse minoranze etniche (tra cui Afghanistan e Somalia) il 23% dei conflitti armati è scoppiato in concomitanza con disastri ambientali. Di contro, se si allarga lo sguardo prendendo in considerazione tutte le guerre scoppiate nel mondo nello stesso periodo, questa percentuale scende ad appena il 9%.
Gli autori dello studio sottolineano che questa correlazione non significa che il riscaldamento globale sia l’unica causa, né la causa principale, dei conflitti. Ciò che i dati dimostrano, invece, sarebbe l’evidenza dei mutamenti del clima come un serio fattore di rischio. Ciò nonostante, non mancano le resistenze sia nel mondo accademico sia nella politica. D’altronde, accettare questi risultati significherebbe dare alla lotta contro i cambiamenti climatici la massima priorità a livello globale. Una scelta che pochi sono disposti a compiere.