(Rinnovabili.it) – Le particelle di ghiaccio presenti nelle nuvole aiutano a riflettere la luce del sole e ad evitare parzialmente il riscaldamento globale. Ma la scienza del clima ha calcolato male la quantità di questi minuscoli cristalli: secondo un nuovo studio, pubblicato su Science, sarebbero molti meno di quanto ci si aspettava. Non è una buona notizia: la radiazione solare che giunge sulla Terra sarebbe infatti superiore a quella finora stimata influenzando ancor più gravemente l’aumento delle temperature globali.
I ricercatori della Yale University, che hanno condotto l’analisi dei dati satellitari insieme al Lawrence Livermore National Laboratory, sono convinti che all’interno delle nubi vi sia soprattutto acqua allo stato liquido, minuscole goccioline dalla capacità riflettente molto minore rispetto ai cristalli di ghiaccio.
Questo significa che un raddoppio della concentrazione atmosferica di CO2 rispetto al periodo preindustriale (quello da cui partono i calcoli scientifici per stimare l’impatto dell’uomo sul clima) potrebbe portare ad un aumento delle temperature di 5,3 °C. Fino a ieri, gli esperti erano convinti che una simile crescita della CO2 in atmosfera avrebbe portato la colonnina di mercurio a salire massimo di 4,6 °C.
Questa nuova ricerca frantuma una volta di più la convinzione che evitare un riscaldamento globale superiore ai 2 °C sarà un obiettivo facile da raggiungere.
«I modelli climatici hanno sottovalutato sistematicamente la quantità di liquido nelle nuvole – ha detto Ivy Tan, della Yale University, che ha lavorato allo studio – Questo potrebbe significare che il limite più elevato del riscaldamento è ancora superiore, il che significa gravi conseguenze per noi in termini di cambiamenti climatici».
L’articolo di Science è solo l’ultimo di una ondata di studi scientifici abbattutasi sull’opinione pubblica dopo la COP 21. Ciascuno di questi lavori indaga aspetti diversi, ma tutti sono concordi nel dire che le valutazioni sulle quali i leader globali si sono basati per redigere l’accordo sul clima sono obsolete. La situazione è molto più grave del previsto, sembrano dire numerosi ricercatori che hanno pubblicato i loro lavori a partire da inizio 2016. La risposta politica non è adeguata, e la cerimonia di ratifica dell’accordo di Parigi prevista per il 22 aprile non può trasformarsi in una passerella dei governi. Perché la carta su cui apporranno la loro firma, stampata appena quattro mesi fa, puzza già di stantìo.