(Rinnovabili.it) – Più di 17mila firme per evitare che i rifiuti tossici della Terra dei Fuochi vengano inceneriti nell’impianto di el-Jadida, a sud di Casablanca. La società civile marocchina ha levato gli scudi e messo in seria difficoltà il governo, con il primo ministro Benkirane che si è eclissato dai radar (tra poco andrà a elezioni e non vuol finire incenerito pure lui) lasciando la ministra dell’Ambiente Hakima el-Haite a levare le castagne dal fuoco.
Sotto accusa una partita di ecoballe provenienti da Taverna del Re, tra Napoli e Caserta, giunte via mare in un porto marocchino per essere smaltite. Per il momento sono 2.500 t di rifiuti, ma l’accordo sottoscritto tra Italia e Marocco prevede un totale di 5.000 t spalmate su 3 anni. La preoccupazione principale dei cittadini è ovviamente la salute: chi garantisce che non siano tossici, vista la provenienza?
Poca trasparenza sui rifiuti tossici
Le reticenze delle autorità non hanno aiutato a sciogliere i dubbi. L’unica indicazione fornita è il quadro normativo in cui è incastonata l’operazione: la legge 28-00 che regola, tra le altre cose, il traffico transfrontaliero di rifiuti. Dopo la massiccia adesione alla petizione popolare, ieri il governo di Rabat avrebbe congelato la spedizione e richiesto una serie di verifiche aggiuntive sulle ecoballe. Contraddicendo quanto aveva affermato solo 5 giorni prima: i controlli, assicurava, sono fatti sia in Italia sia all’arrivo in Marocco, dunque non c’è nulla da temere. Allora perché spendere altri soldi per nuove verifiche?
D’altronde i dubbi sono leciti. Perché l’Italia non li incenerisce nei suoi impianti?, si chiedono gli attivisti, ricordando giustamente che Roma si è beccata una maxi-multa di 20 milioni di euro dall’UE per la non-gestione dei suoi rifiuti oltre a una sanzione di 120mila euro per ogni giorno di illegalità. E che nella Terra dei Fuochi continuano a spuntare nuovi casi di tumori.
Perché protestano gli ambientalisti marocchini
La Coalizione marocchina per la giustizia climatica (CMJC), piattaforma che unisce 200 associazioni ambientaliste, continua a protestare e mette nel mirino la mancanza di trasparenza sulla convenzione siglata da cementifici (lì verranno smaltite le ecoballe) e ministero dell’Ambiente di Rabat. “Non sappiamo se questa convenzione con i cementifici è sottoposta a procedura di valutazione dopo essere stata firmata nel 2003 e se le operazioni di incenerimento sono controllate per verificare il rispetto delle norme internazionali”, commenta Kamal Lahbib di CMJC.
Anche in Italia la vicenda ha iniziato a far discutere. Alcuni deputati Pd hanno chiesto lumi al ministro dell’Ambiente Galletti sulla provenienza e la composizione dei rifiuti inviati in Marocco in un’interrogazione presentata ieri.
Ma gli attivisti marocchini continuano a sentirsi presi in giro dal proprio governo, che “svende l’ambiente consentendo al Marocco di diventare la tomba dei rifiuti velenosi stranieri”, secondo l’accusa di un parlamentare di opposizione. Il tutto mentre il governo propugna una retorica ambientalista come non mai: non solo con una pressante campagna per l’abolizione dei sacchetti di plastica, ma anche con la preparazione della COP22, che si terrà il prossimo novembre proprio in Marocco.
In Marocco anche rifiuti francesi
E quelli italiani non sono certo gli unici rifiuti europei che Rabat ha scelto di accogliere. Negli stessi giorni in cui le ecoballe di Taverna del Re venivano imbarcate, nei porti marocchini arrivavano altre 3.300 t di rifiuti, questa volta dalla Francia. Forse non fanno paura come quelli di Napoli, ma per molti marocchini la questione si chiama in un modo solo: razzismo ambientale.