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Scontro sui rifiuti tra Canada e Filippine: Manila ritira l’ambasciatore da Ottawa

69 container di spazzatura canadese sostano dimenticati nel porto di Manila. Il governo filippino tuona: «Non siamo il raccoglitore di rifiuti dell'occidente»

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Attivisti di Greenpeace espongono cartelli per protestare contro i container di rifiuti che sono stati spediti dal Canada alle Filippine nel 2013 (Bullit Marquez/AP)

Quasi 2.500 tonnellate di rifiuti della ditta canadese Chronics Plastic giacciono da 6 anni nella capitale filippina

(Rinnovabili.it) – Le Filippine hanno richiamato i propri diplomatici dall’ambasciata in Canada. Il motivo? 69 container di rifiuti, che Ottawa avrebbe spedito per errore tra il 2013 e il 2014 nel paese asiatico e poi completamente ‘dimenticato’. L’annuncio è arrivato direttamente dal Ministro degli Esteri Teodoro Locsin Jr che ha spiegato come «le Filippine manterranno una presenza diplomatica ‘a ranghi ridotti’ fino a quando il Canada non riprenderà la propria spazzatura».

Nei giorni scorsi il Presidente filippino Duterte aveva lanciato l’ultimatum, invitando il Canada a ritirare entro il 15 maggio i container. Salvator Panelo, portavoce del Presidente, era anche arrivato a dichiarare alla stampa che la spazzatura sarebbe stata rispedita personalmente dai filippini: «gliela getteremo sulle loro spiagge».
Ma l’accordo con il Canada non è stato raggiunto e, a partire dalla mezzanotte di oggi, Manila è passata all’azione.

 

La storia dei 69 container di rifiuti

I container sono arrivati nelle Filippine a cavallo tra il 2013 e il 2014. Dentro sono stati rinvenuti vecchi fili elettrici, compact disc, bicchieri di plastica usati, pannolini per adulti, tutti appartenenti alla ditta canadese Chronic Plastics e classificati come non riciclabili dal Dipartimento ambientale e risorse naturali (Denr). Stando a quanto riporta il quotidiano canadese ‘The Staril peso della spazzatura stipata nei contenitori ammonterebbe a circa «2.500 tonnellate».

Il problema si è protratto sostanzialmente immutato fino ad oggi. A nulla sembra essere valsa la visita del Primo ministro canadese Justin Trudeau a Manila, avvenuta nel 2015 e in cui ebbe modo di dichiarare che la situazione, se pur incresciosa, «non si sarebbe verificata nuovamente» e che «una soluzione era in fase di studio».
Nel corso di quest’anno, però, la situazione è diventata incandescente: in aprile Duterte ha sostenuto in conferenza stampa che avrebbe dichiarato guerra al Canada, qualora non avesse riportato indietro i container colmi di spazzatura: l’uditorio sorrise, ma il Presidente confermò quanto appena pronunciato tanto in inglese quanto in tagalog.

 

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Il mese successivo [maggio 2019 n.d.r.] il portavoce del Ministro degli esteri canadese, disse che il Canada si stava impegnando per riportare i rifiuti in patria e che i due paesi stavano collaborando «fattivamente per risolvere i dettagli pendenti dell’annosa questione legata ai rifiuti». Contestualmente, però, Panelo sostenne che anche le Filippine avrebbero dovuto interrompere, come già fatto dalla Repubblica popolare cinese, la pratica occidentale di vendita dell’immondizia ai paesi asiatici: «Non siamo un raccoglitore di rifiuti occidentali», accogliendo le numerosissime proteste di attivisti ambientali filippini che invitavano il governo ad intraprendere azioni drastiche al fine di prevenire l’importazione di rifiuti e di interrompere la Convenzione di Basilea, ratificata nel marzo 1989, che consente ai paesi l’importazione di rifiuti pericolosi a condizione che il governo abbia ottenuto il consenso informato.

 

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