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È battaglia sui rifiuti radioattivi del fracking

rifiuti radioattivi del fracking

 

(Rinnovabili.it) – L’industria petrolifera del Nord Dakota sta spingendo per cambiare le leggi che regolano lo smaltimento dei rifiuti radioattivi in vigore nello Stato, al fine di gestire in loco i residui del fracking, risparmiando sui costi del trasporto, divenuti una zavorra con la caduta del prezzo del petrolio.

Non è molto noto che, durante il processo di fratturazione idraulica, alcuni materiali diventano leggermente radioattivi, perché l’operazione agita gli isotopi bloccati sottoterra. Con una prima iniezione di acqua, sabbia e sostanze chimiche (molte delle quali tossiche) vengono fratturate le rocce impermeabili (scisti) che custodiscono l’idrocarburo, dopodiché quest’ultimo viene risucchiato in superficie. Insieme al petrolio, risale parte della soluzione a utilizzata in precedenza, cui si aggiungono piccole quantità di radio, sottoprodotto dell’ uranio, e altri sedimenti. Una volta separata dal petrolio, questa miscela viene pompata nuovamente attraverso un filtro a calza, nel quale restano intrappolati i detriti, compresi quelli radioattivi. La soluzione acquosa che invece attraversa il filtro, finisce nuovamente nel sottosuolo.

 

Le leggi del North Dakota vietano il conferimento in discarica di materiale radioattivo oltre i 5 picocurie, dunque i filtri a calza con le scorie devono essere trasportati fuori dallo Stato. Per fare un esempio, una banana emette, in media, 3,5 picocuries di radiazioni.

L’Argonne National Laboratory è stato incaricato di scoprire quali livelli di radioattività possono essere considerati sicuri per la salute. La risposta è stata 51.5 picocuries. Il Dipartimento della Salute del North Dakota  sta cercando quindi di far approvare una modifica alla legge, per introdurre il nuovo limite massimo di 50 picocuries, che fa preoccupare gli ambientalisti. Chissà cosa pensano quelli dello Utah, dove il tetto è 10.000 picocuries, del Colorado (2.000) o dell’Idaho (1.500).

Non è nota la quantità di rifiuti radioattivi generati ogni giorno in North Dakota. Il rapporto 2014 arriverà tra un mese, ma secondo le stime si tratterebbe di 27-70 tonnellate.

 

Mancando ancora i dati, anche le stime sul potenziale di risparmio sono incerte. Ma l’industria del petrolio sostiene che se le discariche dello Stato cominciassero ad accogliere rifiuti radioattivi, i costi di trasporto si abbasserebbero di 10.000 dollari a camion. Ci sono 11.942 pozzi attivi in North Dakota, il che significa – secondo una stima prudente  – 11.400 metri cubi di scorie radioattive per pozzo ogni anno. Tradotto in risparmi per le aziende, si parla di 120 milioni dollari. Non un gran gruzzolo per compagnie, che spesso maneggiano cifre con qualche zero in più. Ma con il crollo del prezzo del petrolio, sceso del 60% dallo scorso giugno, anche l’industria vuole fare economia.

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