(Rinnovabili.it) – Ogni anno finiscono nella pattumiera ben 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, un quantitativo di rifiuti alimentari sbalorditivo che oggi rappresenta non solo una grave perdita economica, ma anche un significativo danno per le risorse naturali. A ricordare l’ipoteca che l’umanità stessa sta gettando sul proprio futuro è il nuovo rapporto della FAO Food Wastage Footprint: Impacts on Natural Resources, documento che analizza per la prima volta l’impatto ambientale esercitato dagli sprechi alimentari in termini di conseguenze su clima, suolo, risorse idriche e biodiversità.
Se da un lato, infatti, le sopracitate 1,3 miliardi di tonnellate di cibo prodotto e non consumato, si traducono in una perdita economica pari a circa 750 miliardi di dollari l’anno, dall’altro esiste una fitta rete di cause-effetto che si esplicano a livello ambientale fino a ieri completamente ignorate. Gli sprechi alimentari, rivela la FAO, determinano annualmente uno sperpero di acqua pari al flusso annuo di un fiume come il Volga, occupando 1,4 miliardi di ettari di terreno – quasi il 30 per cento della superficie agricola mondiale – e producendo 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra.
E ovviamente “oltre all’imperativo ambientale, ve n’è anche uno di natura etica”, spiega il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva. “Non possiamo permettere che un terzo di tutto il cibo che viene prodotto nel mondo vada perduto, quando vi sono 870 milioni di persone che soffrono la fame“. Per affrontare il problema, ha pubblicato anche Toolkit: Reducing the Food Wastage Footprint, un manuale di casi di successo e progetti che mostrano come governi nazionali e locali, agricoltori, aziende e singoli consumatori possano adottare misure per affrontare il problema. Il documento FAO presenta tre livelli d’intervento:
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La riduzione degli sprechi dovrebbe diventare una priorità. Limitando le perdite produttive delle aziende agricole dovute a cattive pratiche e bilanciando meglio la produzione con la domanda consentirebbe di non utilizzare le risorse naturali per la produzione di cibo non necessario.
- In caso di eccedenze alimentari, il riutilizzo all’interno della catena alimentare umana – la ricerca di mercati secondari o la donazione del cibo eccedente ai membri più vulnerabili della società – rappresenta l’opzione migliore. Se il cibo non è idoneo al consumo umano, la seconda alternativa è quella di destinare il cibo non utilizzato all’alimentazione del bestiame, preservando risorse che sarebbero altrimenti utilizzate per produrre mangimi commerciali.
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Laddove il riutilizzo non fosse possibile, si dovrebbe pensare a riciclare e recuperare l’eccedenza di cibo: riciclaggio dei sottoprodotti, decomposizione anaerobica, elaborazione dei composti e l’incenerimento, con recupero di energia rispetto all’eliminazione nelle discariche.
https://youtu.be/IoCVrkcaH6Q