(Rinnovabili.it) – E’ il giorno del referendum su Brexit e la Gran Bretagna è già al voto, con gli occhi puntati addosso da entrambe le sponde dell’Atlantico. Obama si è schierato apertamente a favore della permanenza nella Ue, mentre le capitali europee (e i mercati) sono dominati dall’incertezza per le conseguenze. Le operazioni di voto termineranno alle 23 ora italiana, ma bisognerà aspettare le prime ore di venerdì per conoscere l’esito definitivo.
Il premier David Cameron ha già espresso il suo voto e poi ha invitato tutti a votare “Remain” in un tweet: “Così i nostri figli e nipoti avranno un futuro più brillante”. Ha votato anche Jeremy Corbyn, leader laburista per una volta d’accordo con l’avversario. Anche lui scegli l’opzione “Remain”: “L’Ue offre il miglior quadro per rispondere alle sfide dei nostri tempi”. I due partiti principali votano compatti. Ma gli inglesi li seguiranno? I sondaggi che hanno proliferato negli ultimi mesi danno le due opzioni sostanzialmente appaiate. Vero segno che i criteri che orientano questa scelta così importante sono piuttosto trasversali e travalicano i tradizionali steccati della politica all’ombra del Big Ben.
Non fanno eccezione quei temi direttamente legati alle politiche ambientali, ai cambiamenti climatici e all’inquinamento. Ecco i punti e le dinamiche più importanti che sono investite dal referendum su Brexit.
L’aquis comunitario e gli standard ambientali
Per aquis comunitario si intende il corpus giuridico-legislativo comune a tutti i paesi membri, il principale strumento di integrazione a livello continentale e di armonizzazione delle politiche dell’Unione. Ma la nostra Unione è commerciale ed economica prima ancora che politica (anzi, politica lo è ben poco). Il punto centrale è questo: per poter commerciare e beneficiare del mercato unico europeo, la Gran Bretagna deve – al pari di qualsiasi altro paese al mondo – mettersi in regola con diversi requisiti, che sono dettati dall’aquis comunitario.
La Gran Bretagna in questo momento è in regola. Ma cosa succede in caso Brexit? La conseguenza più rilevante è che la legislazione europea smette di vincolare Londra, che può scegliere liberamente quali politiche perseguire. Per guadagnare una posizione di vantaggio, analisi di ogni orientamento concordano che modificherà diversi standard, compresi quelli ambientali – e non certo per renderli più stringenti.
Mercato unico e costi delle politiche ambientali
La conseguenza di tutto ciò, però, è che l’intera economia britannica potrebbe patire un contraccolpo devastante – la cui portata è alla base delle incertezze e dei nervosismi di queste ore – proprio perché non più in regola con le norme europee, e dunque penalizzata. In alternativa, Londra potrebbe uscire dall’Ue ma restare ancorata al mercato unico (come fa ad esempio la Norvegia). Ma anche in questo caso le conseguenze negative sono molte.
La Brexit imbavaglierebbe Londra, lasciandola senza alcun diritto né peso in materie fondamentali come le politiche comuni in tema di agricoltura e pesca (e non arriverebbero più i 3 mld di sterline in sussidi da Bruxelles). È un punto su cui i sostenitori del Remain contano molto, e con ragione. Uscendo dall’Ue la Gran Bretagna perde qualsiasi canale preferenziale di negoziazione rispetto ai suoi vicini, che costituiscono anche uno dei suoi più importanti partner commerciali.
Le minacce all’ambiente della Brexit
Il rovescio della medaglia è che in caso Brexit, Londra non sarà più soggetta alle direttive Ue. Per quanto riguarda l’ambiente, nello specifico, non saranno più vincolanti le direttive Habitat e Uccelli (tra le altre cose, alla base della garanzia di sviluppo della biodiversità). Non sarà tenuta a rispettare nulla in fatto di acque balneabili, e tanto meno dovrà sottostare ai limiti sull’inquinamento: sono settori rispetto ai quali i passi avanti compiuti grazie alle norme Ue sono davvero enormi. Le norme Ue hanno di fatto ripulito l’UK. Inoltre ci sono molti e fondati dubbi anche sul fatto che possa – o voglia – mantenere gli impegni presi alla COP21 sul riscaldamento globale. E si può pensare anche al fracking, con alcuni paesi Ue indirizzati verso un divieto mentre l’UK continua a rilasciare permessi già ora. In breve, la gran parte delle conquiste ambientali strappate in questi ultimi decenni, proprio grazie all’Ue come fattore di traino e di stimolo verso il “grande inquinatore d’Europa”, sono a rischio con la Brexit.