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Report IPCC: “L’Europa si deve svegliare”

Tra entusiasmi e delusioni, i primi commenti al report IPCC presentato questa mattina arrivano da Greenpeace, WWF e Legambiente, tutti ora in attesa di un’adeguata, forte e rapida risposta dei governi europei; per Costa l’Italia c’è e farà la sua parte

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(Foto: Greenpeace)

 

Il report IPCC arriva alla vigilia dell’incontro tra i ministri europei dell’ambiente

 

(Rinnovabili.it) – Attenuare i peggiori effetti del global warming è ancora possibile, ma per farlo occorrono cambiamenti senza precedenti nella società. Il report IPCC Global Warming of 1.5 °C, presentato questa mattina a Incheon, in Corea del Sud, non presenta grandi sorprese rispetto a quanto anticipato nei mesi scorsi, ma sottolinea la necessità e l’urgenza di concentrare gli sforzi a livello mondiale per evitare il punto di non ritorno. Per il panel di esperti, l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale a 1,5 °C è ambizioso, ma non impossibile e questo comporta un’azione climatica più forte e capace di accelerare la transizione verso un’economia a zero carbonio in tutti i settori. Non hanno tardato ad arrivare, ovviamente, i commenti delle associazioni ambientaliste, tutte convinte di quanto l’Europa si debba dare una svegliata e rispondere rapidamente e in maniera adeguata alle nuove previsioni climatiche. Domani, i ministri europei dell’ambiente si riuniranno per discutere e adottare la posizione europea per la prossima Conferenza sul clima (COP24) di Katowice, in programma a dicembre. Da parte di tutti c’è grande attesa su quanto si discuterà ma soprattutto si auspica la definizione di azioni ambiziose.

 

Le critiche più aspre all’inadeguatezza europea arrivano da Greenpeace, convinti che ai tassi attuali le temperature medie globali supereranno gli 1,5 °C tra il 2030 e il 2052. “Questo rapporto è l’equivalente scientifico di un calcio nel culo”. Per la direttrice della politica climatica ed energetica di Greenpeace, Tara Connolly, è evidente l’inadeguatezza dell’azione dell’Europa sul cambiamento climatico, in un anno in cui milioni di europei hanno subito tragici incendi boschivi, ondate di calore mortali e siccità devastanti; effetti che, secondo gli esperti, saranno ben peggiori se saranno superati gli 1,5 °C di riscaldamento. “La buona notizia è che l’Europa può svolgere un ruolo importante nel cambiare le sorti del cambiamento climatico”, ha dichiarato la Connolly. “Le persone – ha aggiunto – stanno già prendendo provvedimenti: dalle proteste di massa contro l’espansione delle miniere di carbone in Germania, alle comunità che combattono la povertà energetica con l’energia solare in Grecia. I nostri governi e l’UE devono recuperare rapidamente: i primi passi devono essere quelli di aumentare radicalmente gli obiettivi climatici 2030 e impegnarsi per un’Europa neutrale dal punto di vista del carbonio entro il 2040”.

 

Meno drastico il Capo della Delegazione del WWF all’IPCC, Stephen Cornelius: “Ci aspettavamo negoziati difficili su questo rapporto – ha detto – e siamo felici che i governi abbiano fatto una ragionevole riflessione fondata su basi scientifiche. Gli attuali impegni dei Paesi per ridurre le emissioni non sono sufficienti per limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C e con la scienza non si può negoziare”. Per Cornelius, infatti, ogni mezzo grado fa la differenza ed è necessaria un’azione urgente: “Gli impegni finora assunti dai governi – ha aggiunto – non sono sufficienti a limitare il riscaldamento a 2 °C, ancor meno a 1,5 °C, e più ritardiamo drastiche riduzioni delle emissioni, più le conseguenze saranno irreversibili e le soluzioni future saranno costose”. Superare di 2 °C il riscaldamento globale rispetto all’età preindustriale, significa per Cornelius un cambiamento climatico inarrestabile.

 

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Per Legambiente, il report IPCC costituisce la più approfondita e autorevole valutazione degli impatti dovuti all’aumento della temperatura media globale e chiarisce oltre ogni dubbio che la differenza tra 1,5 e 2 gradi centigradi non è trascurabile nell’ottica di ridurre il più possibile i danni climatici. Ma anche per Legambiente serve una rapida e profonda riconversione di tutti i settori dell’economia globale e l’Italia, in questa sfida, potrebbe essere tra i protagonisti in Europa. “Domani – ha commentato il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchinii ministri europei dell’ambiente si riuniranno a Bruxelles e, insieme a tante altre associazioni europee, abbiamo chiesto loro di dare concreta attuazione a questa speranza. L’Italia può e deve avere un ruolo da protagonista in Europa non solo per tradurre in realtà la promessa di Parigi, ma soprattutto per accelerare la transizione, fondata su efficienza energetica e rinnovabili, verso la decarbonizzazione dell’economia europea. Solo così sarà possibile vincere la triplice sfida climatica, economica e sociale, creando nuove opportunità per l’occupazione e la competitività delle imprese italiane ed europee”. Gli impegni di riduzione delle emissioni per Zanchini dovranno essere molto più ambiziosi di quelli sottoscritti a Parigi: “Ai ministri che si riuniranno domani, a partire da quello italiano, chiediamo per questo di accelerare la transizione verso un’Europa rinnovabile e libera da fonti fossili”.

 

L’Italia c’è – rassicura il ministro dell’Ambiente Sergio Costaha stabilito il phase out del carbone al 2025 e vuole fare sempre di più la sua parte per la crescita delle rinnovabili”. Per il ministro Costa, infatti, il report IPCC conferma quanto chiesto dal ministero stesso appena insediato all’inizio del mandato e che sarà portato avanti anche alla COP 24 di Katowice. “L’accordo di Parigi non è sufficiente per evitare effetti disastrosi al Pianeta – ha aggiunto il ministro – dobbiamo andare oltre e per farlo serve trovare urgentemente un accordo che sposti l’asticella più in alto, guardando ad obiettivi più ambiziosi al fine di accelerare la decarbonizzazione”. Da qui l’impegno ribadito da Costa per un’azione immediata e progressiva di trasformazione in tutti i settori, dal campo energetico al consumo del suolo, dal ripensare le nostre città fino a ridurre le emissioni del settore agricolo.