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Regno Unito: primo Paese G7 a fissare l’obiettivo zero emissioni entro il 2050

L'annuncio della premier Theresa May che porterà in Parlamento la proposta per alzare i target di taglio delle emissioni del Regno Unito.

zero emissioni Regno UnitoL’obiettivo zero emissioni del Regno Unito potrebbe spingere altri “grandi” del mondo a rivedere i propri piani di decarbonizzazione

 

(Rinnovabili.it) – Il Regno Unito potrebbe diventare il primo Paese dei G7 a fissare l’obiettivo delle zero emissioni nette di gas serra entro il 2050: l’annuncio arriva dalla premier Theresa May, che a giorni lascerà l’incarico a seguito del mancato accordo sulla Brexit in seno alla Camera dei Comuni, ma è stato presto rilanciato anche dai probabili successori al ruolo di primo ministro, compreso il favorito, Boris Johnson.

 

Attualmente, il target fissato dal Regno Unito è il taglio entro metà secolo dell’80% delle emissioni rispetto ai valori di riferimento del 1990: un obiettivo ritenuto da molti, comunità scientifica in primis, poco ambizioso e insufficiente per poter perseguire gli standard fissati dagli accordi di Parigi (ovvero contenere l’innalzamento delle temerature globali al di sotto di 1,5°C entro il 2100).

 

La proposta formulata da Theresa May dovrebbe approdare in Parlamento oggi stesso, il 12 giugno, e si dovrebbe inserire sotto forma di emendamento nell’attuale Climate Change Act, il piano legislativo varato nel 2008 che fissava gli obiettivi climatici del Regno Unito in linea con gli accordi di Kyoto.

 

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“Questo è il momento di andare avanti e salvaguardare il futuro dell’ambiente – scrive la dimissionaria Theresa May in un comunicato stampa – Raggiungere le zero emissioni nette per il 2050 è un obiettivo ambizioso, ma è cruciale arrivarci per essere sicuri di stare proteggendo il nostro Pianeta per le future generazioni”.

 

Lo scorso mese, la Commissione sul Cambiamento climatico, un gruppo indipendente di consulenti britannici, aveva sottolineato l’esigenza di porre obiettivi più ambiziosi nel contrasto del climate change: su tutti, la Commissione suggeriva d’investire maggiormente nelle energie rinnovabili, di abbandonare al più presto i carburanti fossili e vietare entro il 2035 la circolazione di auto diesel.

Pochi giorni fa, il cancelliere del Governo britannico, Philip Hammond, metteva in guardia la classe dirigente su l’eventuale costo di una drastica decarbonizzazione del Paese (stimato in circa 1 trilione di sterline) e sui probabili tagli ai servizi pubblici che sarebbero necessari per raggiungere gli obiettivi climatici. Una previsione rigettata proprio da Theresa May che ha scelto, invece, di accelerare il processo come ultimo atto della propria presidenza.

 

Cruciali per il raggiungimento dell’obiettivo zero emissioni entro il 2050 saranno i cosiddetti carbon credit, le compensazioni economiche che aziende e imprese devono pagare per ogni tonnellata di CO2 emessa: “Usare i crediti internazionali in coordinazione con un adeguato sistema di monitoraggio è la cosa giusta da fare per il bene del Pianeta e permetterà al Regno Unito di massimizzare il valore di ogni pound speso per contrastare il cambiamento climatico”, si legge nel comunicato del Governo britannico.

Un’ipotesi che viene criticata dai gruppi ambientalisti come Greenpeace, preoccupati che la transizione verso un’economia a zero emissioni del Regno Unito possa avverarsi a spese di Paesi in via di sviluppo.

 

Reazioni favorevoli, invece, da parte degl’industriali inglesi che chiedono un fronte politico trasversale a guidare la transizione energetica e produttiva: “Alcuni settori necessiteranno di un percorso chiaro che permetta gli investimenti in tecnologie a basse emissioni – ha dichiarato Carolyn Fairbairn, direttrice generale della Confederazione dell’industria britannica (CBI) – Per questo è essenziale un coordinamento inter governativo delle politiche e dei regolamenti necessari per un futuro più pulito”.

 

La scelta del Regno Unito (insieme a Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Giappone e Canada membro del G7) è destinata a causare importanti conseguenze nella comunità internazionale: i movimenti ambientalisti, supportati dalla comunità scientifica, chiedono da tempo la revisione in termini più stringenti degli obiettivi di taglio delle emissioni.

 

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