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Referendum No Triv, la Consulta rinvia il verdetto

La Camera di consiglio della Corte costituzionale slitta al 19 gennaio. Il referendum No Triv infuoca la polemica politica a livello nazionale e regionale

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(Rinnovabili.it) – La Corte Costituzionale rinvia al 19 gennaio la camera di consiglio che dovrà esprimersi su due quesiti del referendum No Triv ancora sospesi. Lo ha deciso il presidente della Consulta, Alessandro Criscuolo. Il verdetto doveva arrivare in giornata, ma invece è slittato a martedì prossimo. Il motivo? Una nuova ordinanza della Cassazione, a seguito della quale l’esecutivo dovrà presentare nuove memorie.

La Corte Costituzionale si pronuncerà sui quesiti referendari, ma anche sul conflitto di attribuzione sollevato da sei regioni contro il governo venerdì scorso. Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania si sono schierate con i movimenti, mentre nicchiano inspiegabilmente le altre quattro Regioni promotrici del referendum: Calabria, Marche, Abruzzo e Molise. Si tratta di amministrazioni guidate dal Pd, sulla cui incoerenza il movimento No Triv punta il dito. Il conflitto di attribuzione serve infatti a chiarire la costituzionalità delle modifiche che la legge di stabilità ha apportato allo Sblocca Italia, decreto nel mirino dei promotori del referendum. Perché quasi metà dei Consigli regionali favorevoli alla consultazione non la difende nel momento più critico?

 

Referendum No Triv, la Consulta rinvia il verdettoSollevare il conflitto serve, in particolare, a far sì che la Consulta dichiari «illegittimo l’emendamento del governo che cancella il Piano delle aree – ha spiegato Piero Lacorazza, presidente del Consiglio regionale della Basilicata all’Huffington Post – Così si ripristina la norma e si tiene il referendum anche su questo».

Il Piano è l’unico strumento di consultazione con le Regioni, che – opportunamente implementato – impedirebbe al governo di aggirare i territori nella scelta dei luoghi da perforare. La difesa di questo caposaldo dovrebbe essere, di conseguenza, uno dei primi obiettivi delle amministrazioni stesse, se non vogliono perdere completamente la potestà sui propri territori. Uno spettro che potrebbe concretizzarsi anche con il referendum costituzionale sul ddl Boschi, che elimina i conflitti di competenza tra Stato e Regioni in materia di energia, trasferendo la materia interamente al primo.

 

Il fuoco di fila degli ambientalisti

Il governo Renzi «fa gli interessi dei petrolieri», fotocopia le «valutazioni di Assomineraria» e si dimostra un vero «pasdaran pro trivelle», attaccano intanto Legambiente, WWF e Greenpeace in un comunicato congiunto. Chiedono «il rigetto definitivo di tutti i procedimenti ancora pendenti nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa (a cominciare da Ombrina) e una moratoria di tutte le attività di trivellazione a mare e a terra».

Le associazioni denunciano inoltre una «grave distorsione nell’operato del Ministero dello Sviluppo Economico, che sostiene e attua politiche di retroguardia in una difesa d’ufficio dei combustibili fossili, contro le scelte energetiche imposte dagli impegni assunti dall’Italia per la salvaguardia del clima». I tre big dell’ambientalismo italiano chiedono invece di promuovere energie rinnovabili, risparmio ed efficienza energetica, o dovremo scordarci da subito il raggiungimento del difficile target di 1,5°C incluso nell’accordo di Parigi.