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Se il referendum sulla Costituzione spalanca le porte alle trivelle

Ad aprile il governo parlava di sfruttare solo i pozzi esistenti e puntava sul tasto del 'risparmiare energia'. Oggi dichiara che gas e petrolio sono necessari e che la voce degli enti locali è fonte di ritardi

Se il referendum sulla Costituzione spalanca le porte alle trivelle

 

(Rinnovabili.it) – Gas e petrolio sono necessari. Ritardi e ostruzionismi nei grandi progetti energetici dell’Italia fanno lievitare i costi della bolletta. Quindi la riforma costituzionale, che annulla la concorrenza di competenze tra Stato e regioni, alleggerirà le bollette. Questo sillogismo (poco) aristotelico è il ragionamento con cui il Comitato per il Sì alla riforma costituzionale tenta di spiegare le ragioni del governo e prova a strappare qualche voto in più. Ma tra le pieghe del documento, pubblicato sul sito del Comitato, si intuisce un indirizzo molto chiaro per quanto riguarda la politica energetica del Paese. Ritorna la questione della ricerca e dell’estrazione di idrocarburi, ritornano al centro del dibattito le trivelle dopo il referendum di aprile. Ma le parole del governo, oggi, sono piuttosto diverse da quelle di allora.

“Nei mesi che hanno preceduto la celebrazione del referendum No Triv – interviene Enzo Di Salvatore,  costituzionalista ed ispiratore dei quesiti –  Renzi dichiarava che nessuno volesse autorizzare nuove ricerche e nuove estrazioni, ma che fosse necessario “risparmiare energia”, e cioè consentire che si continuasse solo a spremere il giacimento fino in fondo. Evidentemente ora avranno cambiato idea.

Insomma, il sospetto è che dietro alla diatriba sulle competenze Stato-regioni, si affacci l’intenzione di sdoganare un ulteriore sfruttamento delle (scarse) risorse di idrocarburi dell’Italia. Per Di Salvatore la mossa è piuttosto chiara. Secondo il costituzionalista, infatti, è in gioco non solo un conflitto di competenze, ma il diritto stesso dei territori di far sentire la loro voce.

 

trivelleInfatti la legge 239/2004 attribuiva la competenza in materia di energia allo Stato, ma la Corte costituzionale, nel giudicarla legittima, aveva fissato la clausola della partecipazione di regioni ed enti locali alle decisioni da assumere. “Se passerà il «sì» sarà sempre possibile cancellare il diritto dei territori di poter decidere assieme allo Stato. Inoltre le modifiche accolte nella legge di stabilità – con le quali il Parlamento ha stabilito che la partecipazione delle Regioni non dovesse essere solo di facciata – si andranno a far benedire”, tira le conclusioni Di Salvatore.

Il documento del Comitato non nomina esplicitamente le trivellazioni, né in Adriatico né altrove sul territorio nazionale. Nomina invece il gasdotto TAP, suggerendo che anche i ritardi in quel progetto contribuiscano a far lievitare le nostre bollette. Ritardi dovuti all’opposizione degli enti locali coinvolti in Puglia, che tentano di far valere le loro ragioni sfruttando proprio quegli strumenti che per il Comitato sono fonte di lungaggini inutili. “Ma il gasdotto TAP non porterà gas nelle case degli italiani: si limiterà ad attraversare il nostro Paese per portare gas in Europa – commenta Di Salvatore – Quindi non si vede in che modo le bollette dei cittadini sarebbero più leggere”.