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Record di partecipanti alla ratifica dell’accordo sul clima

Record di partecipanti alla ratifica dell'accordo sul clima

 

(Rinnovabili.it) – Mai prima d’ora così tanti Paesi si sono radunati per la ratifica di un trattato internazionale. L’ONU annuncia con giubilo che saranno 130 le nazioni presenti il 22 a New York, quando si tratterà di ratificare, in una cerimonia al Palazzo di vetro, l’accordo sul clima raggiunto alla COP 21 di dicembre.

Il precedente record vantava 119 firme di leader globali contemporaneamente, raggiunte quando si trattò di ratificare la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare nel 1994.

Sono attesi anche 60 capi di governo, tra cui il padrone di casa nell’ultima Conferenza UNFCCC, François Hollande. L’accordo entrerà in vigore 30 giorni dopo che almeno 55 Paesi, che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali, avranno presentato la ratifica a Ban Ki-moon.

«Parigi è stato un momento storico, ma è solo l’inizio – ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite – Dobbiamo urgentemente accelerare gli sforzi per affrontare i cambiamenti climatici. Per questo, incoraggio tutti i Paesi a firmare l’accordo di Parigi il 22 aprile, in modo che possiamo trasformare le aspirazioni in azione».

 

Record di partecipanti alla ratifica dell'accordo sul clima 2Adottato dai 196 parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), l’accordo di Parigi fissa l’obiettivo di contenere l’aumento medio globale della temperatura al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, raccomandando sforzi congiunti per non superare 1,5°C.

Sulla base delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità (i ricchi dovranno impegnarsi di più), la COP 21 ha deciso che si dovranno raccogliere 100 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2020 per aiutare i Paesi in via di sviluppo a trasformare le loro economie.

Ad oggi siamo ancora ben lontani dalla cifra necessaria, che potrebbe non bastare se erogata come prestito e non come donazione. Ma le economie sviluppate non hanno nessuna intenzione di fare beneficenza, pur avendo causato gran parte delle emissioni i cui effetti ricadranno – sotto forma di eventi meteorologici estremi – sulle comunità più vulnerabili.

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