Continua il monitoraggio dell’associazione ambientalista nelle aree remote dell'Oceano Indiano dove si stima che circa il 18% della pesca sia illegale, non dichiarata o non regolamentata
Dopo due settimane trascorse in alto mare a ovest del continente africano e a sud del Madagascar, l’imbarcazione è pronta a partire per le Maldive continuando la caccia ai pescherecci che praticano pesca illegale o distruttiva. “Abbiamo ispezionato diverse navi” racconta Giorgia Monti, responsabile della campagna mare, a bordo della Rainbow Warrior da 15 giorni. “Chi continua a non rispettare le leggi dev’essere fermato, perché i nostri oceani forniscono cibo e lavoro a milioni di persone nel mondo”. In queste aree la minaccia principale è quella dei palangari con cui vengono catturati tonni alalunga e squali. “Questi ultimi vengono spesso ributtati in mare ancora vivi, una volta che è stata tagliata loro la pinna” spiega Monti. “Le pinne vengono vendute a prezzi molto alti sul mercato asiatico, fino a 740 dollari al chilo. E ogni anno si stima che vengano uccisi tra 26 e 73 milioni di squali per venderne le pinne”.