I dati nel rapporto ISPRA - SNPA: la buona notizia è che il PM10 primario in 10 anni è diminuito del 19%.
(Rinnovabili.it) – L’Italia respira male. Secondo i dati preliminari forniti da Ispra, aggiornati al 10 dicembre 2018, in diverse città continuano i superamenti di PM10: i valori oltre la norma sono segnalati in 19 aree urbane. Sul podio di questa non invidiabile classifica c’è Brescia (87 superamenti). Viterbo, invece, ad oggi è la città che non ha mai superato i limiti. I dati sono quelli dell’edizione 2018 del Rapporto ISPRA-SNPA “Qualità dell’Ambiente Urbano”. Lo studio analizza l’ambiente in 120 città e 14 aree metropolitane.
Il nord ovest del Paese vanta – si fa per dire – il primato di sforamenti di PM10. Dopo Brescia, sono infatti Lodi e Torino a completare il podio con 69 casi di superamento dei limiti. Nel 2017 il valore limite annuale per l’NO2 è stato superato in almeno una delle stazioni di monitoraggio di 25 aree urbane, si sono poi registrati più di 25 giorni di superamento dell’obiettivo a lungo termine per l’ozono in 66 aree urbane su 91 per le quali erano disponibili dati e il superamento del valore limite annuale per il PM2,5 (25 μg/m³) in 13 aree urbane su 84.
Qualche buona notizia in realtà c’è. Il trend è quello di una riduzione dei livelli di emissione di PM10 primario. Si tratta del particolato direttamente emesso dal riscaldamento domestico e dai trasporti, ma anche dalle industrie e da alcuni fenomeni naturali. La contrazione è del 19% in 10 anni (dal 2005 al 2015). Nel dettaglio, le emissioni di PM10 primario, passano da un totale di 45.403 tonnellate (Mg) nel 2005 a 36.712 tonnellate (Mg) nel 2015.
Tra le buone notizie per la qualità dell’aria c’è anche la crescita della mobilità condivisa, la cosiddetta sharing mobility. Nel giro di 3 anni, dal 2015 al 2017, la pratica si è rafforzata e il numero delle vetture in condivisione è raddoppiato. Delle 48 mila unità messe su strada lo scorso anno, l’83% sono biciclette, il 16% automobili e l’1% scooter.
Per quanto riguarda il dissesto idrogeologico, il 3,6% del territorio è classificato a pericolosità da frana elevata P3 e molto elevata P4 (Piani di Assetto Idrogeologico) a fronte di una media nazionale che raggiunge, nelle stesse classi di pericolosità, l’8,4%. In tutto, sono 24.311 le frane censite fino al 2017 nei 120 comuni. La superficie complessiva delle aree a pericolosità per frana ammonta a quasi 2.400 km quadrati (11,4%), di cui 753 km quadrati (3,6%), dove risiedono oltre 189 mila abitanti, classificate a pericolosità elevata P3 e molto elevata P4. I Comuni con più abitanti a rischio frana sono: Napoli, Genova, Catanzaro, Chieti, Massa e Palermo.
In quegli stessi territori, la probabilità di alluvione è superiore alla media nazionale: la percentuale di aree a pericolosità media P2 (tempo di ritorno tra 100 e 200 anni) è pari al 17% del territorio dei 120 comuni, mentre il dato nazionale si attesta all’8,4%.
Il dossier affronta anche il capitolo “consumo del suolo”. Secondo lo studio, i Comuni italiani perdono ancora terreno consumando complessivamente tra il 2016 e il 2017 circa 650 ettari
di territorio. A livello di Città metropolitane, nel 2017 Napoli e Milano presentano la percentuale di suolo consumato più alta, 34,2% e 32,3% rispettivamente, mentre Palermo la percentuale più bassa con 5,9%.