(Rinnovabili.it) – La raccolta differenziata della plastica continua a crescere in Italia. Il settore è divenuto a tutti gli effetti uno dei cavalli da traino dell’economia circolare del Bel Paese: oggi le nuove tecnologie e l’esperienza acquisita nell’ambito del riciclo hanno reso il mercato delle materie polimeriche prime seconde, un settore di qualità e l’Italia si è guadagnata un posto di prima fila in Europa nel know-how sul recupero degli imballaggi in plastica. Di questo trend abbiamo discusso con Giorgio Quagliuolo, Presidente di COREPLA, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica.
Mauro Spagnolo: Presidente partiamo da un bilancio sui risultati del consorzio Corepla nel 2014. Com’è andato questo anno: aspetti positivi e, se ci sono state, criticità.
Giorgio Quagliuolo: l’aspetto positivo è che siamo arrivati ad avere 830mila tonnellate di conferimenti, un valore in crescita dell’11 % rispetto all’anno precedente, innalzando le percentuali di riciclo. Il risvolto della medaglia è che, essendo i costi del consorzio sempre maggiori dei ricavi – in quanto purtroppo questo è insito nella natura stessa del lavoro che facciamo – l’aspetto economico, chiaramente, è stato più sofferente…
MS: Da cosa dipende questo gap economico?
GQ: Dipende dal fatto che una volta che si ha pagato la raccolta differenziata e la selezione, già si raggiunge un valore di costo non più coperto dal recupero dei materiali, neanche quelli pregiati. Per cui per ogni tonnellata di rifiuti che ci viene conferita perdiamo, attualmente, 300/330 euro.
MS: Mi faccia capire meglio: come funziona la filiera di Corepla, qual è il rapporto che il Consorzio ha con i propri consorziati e da dove trae le risorse economiche per la propria attività.
GQ: Il consorziato è tenuto a rapportarsi a Corepla, a meno che non metta in atto un sistema autonomo di recupero dei propri imballaggi adempiendo, in tal modo, agli obblighi di legge. Il Consorzio offre un servizio alle imprese, servizio che, se svolto autonomamente, avrebbe un costo ben maggiore.
MS: E da dove trae le risorse economiche per la propria attività?
GQ: Ci finanziamo col contributo ambientale: per ogni imballaggio, che viene immesso al consumo, il produttore dell’imballaggio paga una quota pari, attualmente, a 188 € a tonnellata. Questa è la prima voce di finanziamento, la seconda è quella della vendita delle materie prime seconde che attualmente consentono ricavi pari a circa 100 milioni. La somma di queste due voci costituisce l’entrata del Consorzio. Per ciò che attiene ai costi, invece, abbiamo dei valori ingenti: noi finanziamo la raccolta differenziata ai comuni, circa 230 milioni di euro, la selezione, con circa 180 euro a tonnellata, e la termovalorizzazione di tutto ciò che non si può riciclare, che costituisce un altro costo molto importante. L’insieme di queste voci comporta una serie di costi che, come dicevo prima, determinano comunque una perdita.
MS: Quali sono, attualmente in Italia, le percentuali di prodotto che viene riciclato e quanto avviato alla termovalorizzazione?
GQ: Gli ultimi dati disponibili a livello nazionale, per ciò che attiene all’attività Corepla, indicano che il 60-65% si ricicla, e che il 30-35% si avvia alla termovalorizzazione.
MS: Qual è la quota di mercato dell’attività Corepla rispetto a tutto il resto?
GQ: Attualmente siamo intorno al 45% di materiale avviato al riciclo. C’è una parte che viene gestita dai riciclatori indipendenti, una parte, circa 500mila tonnellate, che viene bruciata indifferenziatamente nei termovalorizzatori, una parte che non viene proprio raccolta e infine una quota mancante all’appello in quanto ci sono ancora comuni che non fanno la raccolta differenziata e mandano tutto in discarica.
MS: Come può il cittadino diventare più virtuoso? Lei ha detto che il primo anello della filiera del riciclo nasce proprio nelle case delle famiglie. Cosa si può fare di più?
GQ: Devo prima di tutto dire che il cittadino italiano è mediamente virtuoso, perché stiamo raggiungendo dei risultati molto significativi; pensi che in Veneto si raccolgono 22 kg per abitante all’anno di imballaggi di plastica. Certo al meglio non c’è limite, per cui il cittadino può diventare più virtuoso soprattutto cercando di fare una raccolta differenziata sempre più di qualità, cioè stando ancora più attento a selezionare i polimeri, a selezionare gli imballaggi dai non imballaggi, stando attento a sciacquarli per conferirli con la minore carica di organico possibile, facendo quei piccoli accorgimenti come mettere il tappo sulla bottiglia quando si conferisce e soprattutto direi , non buttando mai via niente per strada. Perché ciò che ripeto sempre è che non è la plastica che inquina, ma è il gesto maleducato e irresponsabile del cittadino che getta i rifiuti in strada.
MS: A proposito di abbandono dei rifiuti: gli equilibri negli ecosistemi marini sono diventati molto delicati, anche grazie alle plastiche flottanti e, ancor più insidiose, le microplastiche che si producono con la loro scomposizione e che spesso entrano nelle filiere alimentari ittiche. Cosa si può fare, a suo giudizio, per recuperare una situazione di grave emergenza?
GQ: Credo che mettere una “pezza” a ciò che è stato fatto male sia molto difficile in quanto immaginare di andare a pulire il mare è uno di quei sogni utopici che lasciamo ai grandi sognatori e agli utopisti. Quello che si può assolutamente fare – e che noi stiamo facendo – è cercare di educare i giovani, quelli che saranno i cittadini di domani, a una gestione consapevole delle tematiche ambientali. Però su questo tema voglio sottolineare una cattiva disposizione nei confronti della plastica. Vietare la plastica perché c’è qualcuno che la butta in mare è come dire buttiamo le automobili perché ogni anno ci sono migliaia di morti per incidenti stradali. Come nella mobilità stradale bisogna educare il guidatore ad una guida prudente e consapevole, altrettanto, nel campo dell’imballaggio, dobbiamo educare il consumatore ad una gestione consapevole di quelli che sono i residuali post consumo dei prodotti che utilizza.
MS: Parliamo di futuro. Lei è uno dei maggiori esperti del sistema di recupero delle plastiche in Italia. Ci faccia una previsione: quale potrebbe essere, in prospettiva, una percentuale realistica di recupero delle plastiche nel sistema nazionale.
GQ: Ci sono in Italia impianti molto virtuosi, come quello di Bergamo, in cui si recupera anche l’80% di ciò che entra. Impianti modello frutto di una visione e di tanta ricerca tecnologica. Se un giorno anche gli altri impianti di riciclo fossero così avanzati potremmo arrivare agli stessi risultati. Non vedo perchè quello che accade a Bergamo non possa avvenire a Roma, a Napoli, a Palermo o a Bari.
Il principale problema, anche nel settore del riciclo delle plastiche, rimane quello della cultura.