(Rinnovabili.it) – Tra le diverse attività di ricerca della spedizione italiana in Antartide, coordinate per quanto riguarda gli aspetti scientifici dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e dal punto di vista logistico e tecnico dall’Enea, quella per cui un componente del nostro gruppo di ricerca, Edoardo Spirandelli (issia-cnr), è tornato in Antartide durante questa edizione è legata alla seconda fondamentale fase dei due progetti congiunti (Raise & Pole) dedicati allo studio dell’area di riproduzione dell’antarctic Silverfish (Pleuragramma antarcticum), il pesce chiave della catena alimentare antartica.
Il nostro gruppo di ricerca, composto da ricercatori del Cnr (Ismar e Issia) e dell’Università di Genova (Distav) aveva il compito di studiare il ruolo ecologico di questo fondamentale componente dell’ecosistema antartico attraverso una innovativa integrazione di approcci ecologici e tecnologie robotiche. Lo sviluppo tecnologico permette sempre di più una trasversalità sinergica tra le discipline e sarà la chiave di lettura del futuro delle scienze marine, specialmente negli ambienti estremi e profondi.
Il gruppo di robotica marina dell’Issia-cnr ha progettato e sviluppato un sistema integrato da installare sotto il ghiaccio (Progetto Pole) per il monitoraggio visivo e la misura di parametri ambientali dalla superficie inferiore del platelet-ice (sotto al ghiaccio solido del pack) per tentare di registrare, tentando per la prima volta al mondo, di registrare immagini e dati del processo di formazione del platelet ice e l’ipotetico periodo di deposizione delle uova del Silverfish durante il lungo inverno antartico.
Il corpo principale del sistema di monitoraggio “Pole” è costituito da una scatola in acciaio, divisa in tre sezioni modulari, ciascuna contenente videocamere e/o fotocamere, sistema di acquisizione dati mediante sonda multi-parametrica CTD, sistema di memorizzazione e controllo alimentato da un insieme di batterie al piombo gel collocate in appositi contenitori in superficie e con un generatore eolico di piccole dimensioni come ulteriore supporto energetico. Le telecamere e gli obiettivi delle macchine fotografiche presenti nella struttura risultano puntate anteriormente e verso l’alto in modo da inquadrare la superficie inferiore del ghiaccio oggetto di studio.
Il modulo principale è connesso a una serie di prolunghe tubolari flangiate di acciaio inox per una lunghezza totale di 5 m circa che permettono alle camere di essere posizionate a una profondità di 6 m circa e, considerando uno spessore del ghiaccio di circa 2 metri, a una distanza dal ghiaccio di circa 4 m.
Il sistema è stato progettato per la raccolta a intervalli di tempo predefiniti di immagini video e fotografiche ad alta risoluzione della superficie inferiore del ghiaccio (grazie anche a illuminatori a led e/o infrarossi) durante il lungo e buio inverno australe.
Il sistema di monitoraggio “Pole” è stato assemblato e validato all’inizio di quest’anno dal nostro team di ricerca che ha sottoposto il modulo, presso la base italiana in Antartide, a diverse prove di funzionamento-stress al freddo e di tenuta stagna (collaudo iperbarico alla profondità di 10 m).
Il 25 gennaio 2014 è stata eseguita la seconda ricognizione in elicottero durante la quale è stata individuata una zona dopo il ghiacciaio Aviator che presentava le caratteristiche richieste nei pressi di Andrus Point coordinate: Lat. 73°53’540 S Long.165°45’078 E.
Nei giorni successivi è stata eseguita una doppia perforazione del pack, spesso in questo periodo circa 2.10 m, che ha consentito l’inserimento di tutti i moduli e le prolunghe del sistema a palo e di posizionare le batterie di alimentazione contenute in valigie di alluminio stagne e coibentate con polistirene, terminando l’installazione il 29 gennaio con il montaggio del generatore eolico. Per un ulteriore approfondimento sull’installazione leggete il racconto di Giorgio Bruzzone (Issia-Cnr) nel suo blog.
Il sistema, da quando il team è ripartito alla fine delle scorsa spedizione (Febbraio 2014) è rimasto al suo solitario destino per tutto l’inverno antartico.
Le condizioni ambientali durante l’inverno sono veramente proibitive, per mesi le temperature arrivano a -37°C ed il vento raggiunge in molte occasioni gli 80 nodi (150 km/h) con punte che superano talvolta i 93 nodi (oltre i 170 km/h).
Considerando l’aumento della percezione del freddo dovuta all’interazione tra temperatura e vento (Effetto Wind Chill) significherebbe dover sopportare temperature anche superiori ai -60°/-70°C. Questo spiega perché questa tipologia di ricerca estrema non sarebbe possibile nei mesi invernali in cui la base italiana chiude di fatto i battenti.
Nelle settimane successive al ritorno del team in Italia, abbiamo monitorato, grazie alle mappature satellitari, la situazione del ghiaccio nell’area di posizionamento del sistema di monitoraggio, verificando purtroppo, un visibile frazionamento (rottura del pack) della copertura di ghiaccio durante i mesi di Febbraio-Marzo che potrebbero aver compromesso il funzionamento del sistema di monitoraggio se non, addirittura la sua perdita. Molti dei blocchi di banchisa distaccati sono andati alla deriva senza la possibilità di tracciarne gli spostamenti. La speranza è quella che il blocco con il nostro strumento non abbia subito troppi danni e non sia scomparso nell’oceano antartico.
Per questo motivo Edoardo ha partecipato a questa spedizione con il preciso compito di trovare “Pole”, estrarlo dal ghiaccio e recuperare i preziosi dati le immagini registrate durante questi lunghi mesi invernali. Nei prossimi giorni inizieranno le perlustrazioni in elicottero per ritrovare il nostro prezioso strumento di ricerca. Attendiamo fiduciosi le notizie che arriveranno dalla nostra base nelle prossime settimane.
La spedizione si colloca, come sempre, nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra), finanziato dal MIUR secondo gli indirizzi strategici della Commissione Scientifica Nazionale per l’Antartide (Csna).
di Marco Faimali (ISMAR-CNR)
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