(Rinnovabili.it) – Gravi danni sanitari e ambientali dovuti alle emissioni inquinanti della centrale termoelettrica a olio combustibile di Porto Tolle, comune in provincia di Rovigo. È questa la responsabilità, legata al mancato adeguamento degli impianti, per la quale sono stati rinviati a giudizio gli amministratori dell’Enel e gli ex direttori della centrale veneta, un procedimento nel quale Greenpeace, Legambiente e WWF si sono costituiti parte civile. Secondo uno studio epidemiologico condotto dale Asl di Rovigo e Adria, infatti, è stata riscontrata nel periodo 1998-2006 un’insorgenza anomala e fortemente accentuata di patologie respiratorie che hanno colpito principalmente i bambini dagli 0 ai 14 anni. Le 3 associazioni ambientaliste, che si sono pronunciate congiuntamente sulla vicenda, oltre a considerare illegale il modo in cui è stata gestita la centrale, ritengono sconsiderato pensare di riattivarla per fronteggiare l’emergenza energetica di questi giorni. “La gestione miope e conservativa delle risorse energetiche di cui il Paese dispone e che importa – si legge nel comunicato congiunto – non può determinare la riattivazione di un impianto estremamente dannoso, sul quale sono in corso procedimenti penali della massima gravità”. Esse ricordano anche il progetto di conversione a carbone della centrale in questione, bocciato dal Consiglio di Stato, che, se andasse a buon fine, sarebbe un vero e proprio disastro ambientale: 10 milioni di tonnellate di CO2 all’anno (4 volte le emissioni di Milano), 2.800 tonnellate di ossidi di azoto, 3.700 tonnellate di ossidi di zolfo, a cui andrebbe ad aggiungersi anche lo smaltimento di milioni di tonnellate di gesso e di altre sostanze residue.