L’Italia si piazza al 44esimo posto tra i Paesi ad alto rischio di stress idrico
(Rinnovabili.it) – Il 25% della popolazione mondiale vive in aree ad altissimo stress idrico: è la fotografia scattata dall’ultimo aggiornamento dell’Aqueduct Water Risk Atlas, la mappa che mette in rapporto la disponibilità idrica in 189 nazioni rispetto alle comunità che le abitano stilata dal World Resources Institute (WRI).
In tutto sono 17 i Paesi più a rischio di incorrere nel prossimo futuro nel cosiddetto “Giorno Zero”, la data in cui tutte le risorse idriche stagionali vengono esaurite e i rubinetti (da quelli domestici a quelli industriali) rimangono a secco: Qatar, Israele, Libano, Iran, Giordania, Libia, Kuwait, Arabia Saudita, Eritrea, Emirati Arabi Uniti, San Marino, Bahrain, India, Pakistan, Turkmenistan, Oman e Botswana usano in media oltre l’80% delle disponibilità idriche annue e sono quindi sempre più esposti ai rischi causati dal cambiamento climatico, dalla cattiva gestione delle acque, dall’inquinamento e dagli eventi climatici estremi (siccità o inondazioni).
A far lievitare la quota di popolazione mondiale a rischio stress idrico è la presenza tra le nazioni più esposte dell’India che, con i suoi 1,3 miliardi di abitanti, rappresenta oltre il triplo della popolazione di tutti gli altri 16 Paesi a grave rischio idrico.
Allo stesso tempo, la maggior parte delle nazioni al altissimo stress idrico (12 su 17) si trovano in Medio Oriente o nel Nord Africa, zone già caratterizzate da climi aridi e in cui è previsto nei prossimi decenni un forte incremento demografico e la conseguente crescita di domanda di acqua. Secondo la Banca Mondiale, proprio queste regioni saranno quelle che avranno i peggiori contraccolpi economici dal cambiamento climatico, con un impatto medio sul Pil stimato tra il 6& e il 14& entro il 2050.
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Il report del WRI segnala anche quelle che restano risorse non sfruttate o disperse: proprio nella regione nord africana, l’82% delle acque reflue non viene recuperato, mentre potrebbe divenire una preziosa fonte di acqua riutilizzabile. Non mancano, tra l’altro, gli esempi virtuosi: l’Oman (16esimo nella lista dei Paesi con il maggiore stress idrico) tratta il 100% delle proprie acque reflue e ne riutilizza il 78%. Anche le nazioni del cosiddetto Consiglio di Cooperazione del Golfo (Baharain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti) trattano l’84% delle proprie acque di scarto, ma ne riutilizzano “solo” il 44%.
L’Italia si colloca tra le nazioni ad alto stress idrico (al 44esimo posto), in linea con altri Paesi europei come Belgio (23 esimo), Grecia (26esima), Spagna (28esima) e Portogallo (41esimo). Il report del WRI, tuttavia, spiega come le situazioni regionali possano differire notevolmente rispetto a quelle nazionali: negli Stati Uniti, ad esempio, a dispetto di una media nazionale di medio basso stress idrico, singoli Stati come il Texas o la California soffrono livelli di rischio simili a quelli dei 17 Paesi maggiormente esposti al mondo.
Un atlante della disponibilità idrica che mira soprattutto ad aumentare la consapevolezza del fenomeno e a sviluppare piani di gestione coerenti con le prossime sfide climatiche e produttive. Il report suggerisce, infatti, 3 aree misure con cui contrastare lo stress idrico: aumentare l’efficienza dell’impiego nel settore agricolo, investire in infrastrutture di recupero o di ripristino delle acque e aumentare la quota di riciclo, trattamento e riuso.
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