“Who’s holding us back?” “Chi ci sta bloccando? Si domanda Greenpeace guardando i lenti e a volte completamente assenti, progressi compiuti dal Pianeta sul fronte climatico. Ad una sola settimana dall’attesa conferenza su clima di Durban, in Sud Africa, l’associazione ambientalista porta questa domanda all’attenzione pubblica docuementando la rete di influenze e condizionamenti esercitati da alcune grandi aziende nei confronti di leader politici e intere nazioni per frenare la lotta al Global Warming. Attraverso il nuovo rapporto, Greenpeace presenta i nomi dei più potenti inquinatori del pianeta o, come vengono ribattezzati nel documento, di quei “polluticians” che stanno influenzando il processo politico in materia di legislazione climatica Sotto accusa grandi multinazionali del calibro di Shell, Eskom, BASF, ArcelorMittal BHP Billiton e le industrie Koch, che, spiega l’associazione, “oltre a contribuire al cambiamento climatico, fanno di tutto per bloccare quelle leggi che, in vari Paesi, cercano di diminuire le emissioni di gas serra”.
Si tratta di pratiche diffuse a ogni latitudine da cui non scappa neppure l’Italia. “In questo rapporto, documentiamo i trucchi del mestiere che le imprese inquinanti utilizzano per tirare le fila dei nostri politici e ingannare il pubblico. Denunciamo la rete di influenze con cui queste società agiscono, nell’intento di trattenere l’azione climatica, non solo con i nostri leader, ma con interi paesi”, ha dichiarato Tzeporah Berman, Co-direttore del Clima di Greenpeace International e dell’Energy Program.
“I nostri governi devono lavorare e imparare dal settore imprenditoriale, ma se non ascoltano e agiscono per conto dei loro cittadini non riusciranno ad evitare gli irreversibili impatti del cambiamento climatico. A Durban è giunto il momento di dar voce alla gente, non alle multinazionali dell’inquinamento”, ha aggiunto Kumi Naidoo direttore esecutivo di Greenpeace International.
Come le compagnie più inquinanti ci stanno bloccando
Le società impegnate in attività ad alta intensità di carbonio e le annesse associazioni di categoria -che parlano ed agiscono spesso al loro posto -, secondo il gruppo ambientalista stanno confondendo il pubblico con campagne pubblicitarie che negano i cambiamenti climatici e fornendo supporto finanziario ad alcuni gruppi politici che operano nella stessa direzione negazionista. Negli Stati Uniti, Royal Dutch Shell, US Chamber of Commerce, Edison Electric Institute, PG&E, Southern Company, ExxonMobil, Chevron, BP e ConocoPhillips appaiono tutte nella lista dei 20 più grandi lobbisti e l’organizzazione non governativa 350.org stima che ben il 94% dei contributi dell’US Chamber of Commerce siano stati usati per sostenere quei candidati che negano l’esistenza dei cambiamenti climatici. Stesso dicasi per associazioni di categoria di certi settori specifici, come l’American Petroleum Institute, la Canadian Association of Petroleum Producers, l’Australian Coal Association, l’Energy Intensive User Group in Sud Africa o le associazioni europee dell’acciaio e della chimica come la Cefic, la BusinessEurope e l’Eurofer che “hanno preso apertamente posizione contro le misure tese a tagliare le emissioni di gas serra e hanno fatto campagne a sostegno dell’utilizzo indiscriminato delle fonti fossili di energia”.