L’analisi dell’attività al PE condotta dall’ong BLOOM
(Rinnovabili.it) – I partiti italiani che aderiscono al PPE e ai gruppi Identità e Democrazia (ID) e Riformisti e Conservatori Europei (ECR) sono tra i peggiori “vandali ecologici” nel parlamento europeo. Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia hanno quasi sempre affossato o votato contro le politiche UE su ambiente e clima. Entrando di diritto nel gruppo dei sabotatori seriali insieme alla delegazione ungherese del PPE, quella spagnola nel gruppo ECR cioè Vox, e quella polacca sempre in ECR.
Cosa fa l’Italia al PE sulle politiche UE su ambiente e clima?
Lo sostiene la “pagella” preparata dall’associazione BLOOM, un’ong europea che monitora le politiche verdi dell’UE dal 2005 e fa campagne soprattutto sulla protezione degli oceani. Il rapporto rilasciato di recente valuta ogni singolo eurodeputato per come ha votato nel 2019-2024 sulle proposte legislative che riguardano la tutela degli oceani e della pesca su piccola scala, la lotta al cambiamento climatico, la protezione della biodiversità e dell’agricoltura sostenibile, la promozione della giustizia e dei diritti ambientali.
I tre maggiori azionisti di governo totalizzano praticamente lo stesso punteggio, tra 2 e 2,2. Anche guardando i singoli ambiti, al massimo si arriva a 4,1/20 con Forza Italia sul fronte oceani e al 4/20 di Fratelli d’Italia sulla biodiversità. BLOOM cataloga quindi i tre partiti come “vandali ecologici”, uno dei tre grandi gruppi in cui divide l’Europarlamento. Un gruppo intermedio, definito “ipocriti”, è costituito da Renew (Azione e Italia Viva per il Belpaese), mentre i “costruttori” – quelli con i punteggi decisamente più alti – sono S&D, Verdi e Sinistra.
“Nessuno dei due blocchi, né i costruttori né i vandali ecologici, possono ottenere da soli la maggioranza al Parlamento europeo per far prevalere la propria agenda politica. Qui entra in gioco il gruppo Renew, che con la sua posizione centrale e il suo ruolo chiave tiene nelle sue mani il futuro di tutta la legislazione europea”, conclude l’ong con l’occhio all’esito delle prossime elezioni europee di giugno.
Popolari ed estrema destra a braccetto
Dall’analisi, un risultato salta subito all’occhio: a livello europeo, così come in Italia, non c’è nessuna differenza sostanziale tra il PPE e i gruppi di estrema destra, ID ed ECR. Su un totale di 20 punti, i popolari ne racimolano 3,79 praticamente alla pari con ID (3,34) e ECR (2,53).
Un dato che diventa interessante perché mette in luce la spaccatura interna alla maggioranza tradizionale al PE, basata sull’asse tra popolari e socialdemocratici (con S&D che arriva a 16,6 punti su 20). Sia, soprattutto, perché rivela che il nuovo asse tra PPE ed estrema destra esiste già ed è stato cementato proprio con le battaglie comuni contro alcuni dei provvedimenti chiave del Green Deal.
Da più di un anno a questa parte, i popolari hanno messo sempre più i bastoni tra le ruote alla Commissione ostacolando la realizzazione del Green Deal. Anche con metodi poco ortodossi – fuori dalla prassi istituzionale finora vigente a Bruxelles – come il rimettere in discussione leggi su cui era già stato raggiunto l’accordo politico informale tra Consiglio e Parlamento UE. È successo con la Legge sul Ripristino della Natura e lo stop agli ICE entro il 2035, sta accadendo proprio in questi giorni per la Legge sulla Deforestazione, è avvenuto negli anni con la messa in discussione di pezzi qualificanti della politica agricola comune (PAC).