(Rinnovabili.it) – Potrebbe sembrare che i ricercatori dell’Università di Cadice stiano apostrofando il titolo di un noto film modificandolo in “Lo strano caso…dei rifiuti scomparsi in mare” e invece si tratta si una importante scoperta scientifica che ammette la riduzione delle isole di spazzatura che galleggiano nei nostri mari. A preoccupare tutti gli esperti la certezza che queste isole di spazzatura, la più famosa è la Great Pacific Garbage Patch, grande quanto gli Stati Uniti continentali, sarebbero cresciute di pari passo con l’aumento del consumismo. Ma contro ogni previsione gli scienziati hanno scoperto che questi ammassi galleggianti stanno diminuendo come hanno riportato in un nuovo studio condotto dal team dell’Università di Cadice, in Spagna.
Ma cosa sta succedendo ai rifiuti? Dove vanno a finire? La questione sbalordisce ma non smette di preoccupare chi ha a cuore il benessere degli ecosistemi marini e per questo la ricerca pubblicata su Live Science riporta alcune ipotesi elaborate dagli esperti. La peggiore india la possibilità di uno sprofondamento dei rifiuti, che si starebbe adagiando sui fondali. A descrivere il fenomeno il professor Forbes “Vari animali e piante marini si potrebbero a loro volta ancorare ai detriti – un processo chiamato bioincrostazione – rendendoli talmente pesanti da non galleggiare più” oppure le particelle più piccole vengono ingerite dai pesci che le ingeriscono scambiandole per cibo per poi finire anche nella catena alimentare umana.
Un’altra possibilità è che siano i batteri presenti nell’acqua a degradare la plastica riducendola in pezzettini microscopici.
“L’oceano profondo rappresenta una grande incognita. Purtroppo, l’accumulo di plastica nelle profondità potrebbe modificare questo misterioso ecosistema – il più grande del mondo – prima che ce ne accorgiamo” ha dichiarato Còzar, co-autore dello studio ed ecologo presso l’Università di Cadice.
Per valutare da vicino il problema il team di ricercatori ha circumnavigando il globo con una nave chiamata Malaspina, nel 2010, raccogliendo campioni di acqua di superficie e misurando le concentrazioni di plastica utilizzando per le proprie ricerche anche i dati provenienti da diverse altre spedizioni, per un totale di 3 070 campioni esaminati.
“Le nostre osservazioni della distribuzione dimensionale dei detriti di plastica galleggianti indicano la presenza di importanti pozzi selettivi che rimuovono i frammenti millimetrici di plastica galleggiante su larga scala” hanno concluso i ricercatori.