Si dissolve rapidamente solo nelle compostiere industriali, a 50 °C. Negli oceani, la plastica biodegradabile fa gli stessi danni di quella tradizionale
(Rinnovabili.it) – Durante lo scorso World Economic Forum, è stata presentata una ricerca inquietante, la quale conclude che entro il 2050 gli oceani potrebbero essere popolati più dai rifiuti plastici che dai pesci. Oggi, un rapporto del Programma ambientale dell’ONU (UNEP), chiarisce che la plastica biodegradabile – da tempo propagandata come tecnologia verde – è una falsa soluzione al problema. Le bioplastiche contribuiscono poco, se non proprio per nulla, per proteggere le creature viventi del mare e il pianeta.
Il punto, spiegano gli esperti UNEP, è che questi materiali etichettati come “biodegradabili”, non si degradano rapidamente nel mare. Ormai i rifiuti di plastica sono «onnipresenti» nelle acque marine, e «si trovano in tutti gli oceani e su tutte le spiagge, dal litorale artico, passando per i tropici, fino all’Antartico».
Le plastiche biodegradabili, che vengono utilizzate per borse della spesa, bottiglie d’acqua e contenitori per alimenti, sono progettate per essere meno durevoli e in grado di degradarsi rapidamente nell’ambiente. Ma il problema, secondo l’ONU, è che le condizioni necessarie sussistono quasi esclusivamente nelle compostiere industriali, non nel mare.
Secondo l’ONU la produzione di plastica a livello globale è cresciuta del 4% nel periodo 2013-2014, superando le 311 milioni di tonnellate. Almeno 8 milioni finiscono ogni anno negli oceani, come se un camion della spazzatura al minuto scaricasse in acqua il suo carico.
La ricetta, dicono gli esperti, è migliorare la raccolta e gestione dei rifiuti. Ma la vera sfida è smettere di produrli.