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Piani sul clima comprati per scaricare gli impegni sui poveri?

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(Rinnovabili.it) – Ufficialmente, i 26 milioni di dollari spesi dai Paesi ricchi dovevano servire per aiutare i più poveri a redigere un piano sul clima in vista della COP 21. Ma di fatto, questi finanziamenti avrebbero viziato i risultati finali. Adesso, che il sipario è calato sul carrozzone mediatico della Conferenza ONU di Parigi, una analisi di Climate Home scopre che a governi con scarsissimi mezzi sono stati addossati impegni superiori alle loro capacità.

Gli esperti pagati dai Paesi ricchi per redigere i piani climatici delle nazioni più vulnerabili, infatti, avrebbero scritto documenti in cui si promette più di quel che può essere mantenuto entro il 2030, sgravando le nazioni sviluppate da oneri che non volevano assumersi.

Lidy Nacpil, coordinatrice Asia Pacifico di Jubilee South, una rete di coalizioni anti-debito, ha detto senza mezzi termini che i Paesi ricchi avevano secondi fini. Nessun aiuto è stato «neutrale», sostiene: le nazioni sviluppate hanno sistematicamente cercato di «spostare la responsabilità» su quelle più povere per evitare di sacrificare i propri standard di vita.

 

Piani sul clima comprati per scaricare gli impegni sui poveri

 

I funzionari ONU hanno detto che i fondi, erogati per fornire competenza tecnica e formazione, erano vitali per i governi con risorse insufficienti. Ma molti programmi di taglio delle emissioni sarebbero pura utopia, secondo gli ambientalisti, che mettono in dubbio anche l’indipendenza dei donatori.

Il sistema dei contributi nazionali sul clima (Intended Nationally Determined Contributions – INDCs) è stato ideato dall’ONU per evitare un vertice fallimentare come quello del 2009 a Copenhagen, dove i principali attori del processo fecero saltare il banco dei negoziati. Stavolta gli Stati hanno avuto carta bianca, ma questo potrebbe aver causato un trasferimento indebito di responsabilità dai ricchi ai poveri, nascosto negli aiuti economici e di expertise per la redazione dei piani sulle emissioni.

Il rischio, adesso, è che piani troppo ambiziosi presentati dalle economie in difficoltà richiedano una quota sostanziosa di finanziamenti internazionali per essere realizzati. Ma questo denaro, se arriverà, potrebbe essere vincolato a strategie commerciali dettate dagli Stati ricchi più che alle reali necessità dei territori.

 

Ecco chi ha finanziato cosa

Piani sul clima comprati per scaricare gli impegni sui poveri 3 La Global Environment Facility (GEF) ha speso  11,3 milioni di dollari a sostegno di 46 Paesi.
– Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) ha speso 9,2 milioni, ed è attivo in 110 Paesi.
– La Francia ha distribuito 3,9 milioni tramite l’agenzia tecnica Expertise France a 23 Paesi.
– Il Climate Development and Knowledge Network (CDKN), una ONG finanziata dal Regno Unito e del governo olandese, ha assegnato 2 milioni a una decina di Paesi.
– La Germania, attraverso il Ministero dell’Ambiente e quello per lo Sviluppo internazionale, ha speso 8 milioni in 20 Paesi.
– La Commissione europea ha messo 8,2 e 5 milioni nei programmi Clima East e Clima South. Non è chiaro quanta parte di essi sia andata per il lavoro sugli INDCs.
– L’Agenzia di sviluppo statunitense (USAID) ha speso cifre riservate nelle strategie di sviluppo a basse emissioni di 20 Paesi.

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