Oggi 29mila kmq di aree marine sono sotto scacco delle compagnie petrolifere, ma il greggio ricavabile basterebbe per soli 2 mesi
(Rinnovabili.it) – Cambiano i Governi, cambiano le conoscenze in fatto di tecnologie energetiche, ma la fame per le riserve di petrolio nascoste sotto il mare italiano, rimane viva ed accesa. La febbre dell’oro nero che ha contagiato le compagnie petrolifere è oggi più che sostenuta dal Governo Renzi, secondo cui la ricerca di greggio nelle acque nostrane giocherà un ruolo decisivo nel dibattito energetico internazionale. Peccato che questo “tesoretto” celato nel Mediterraneo ammonti a soli 9,778 milioni di tonnellate, “una quantità di petrolio – spiega Legambiente – che, stando ai dati sui consumi nazionali (59 milioni di tonnellate consumate in Italia nel 2013), sarebbe sufficiente a risolvere il nostro fabbisogno petrolifero per sole 8 settimane”.
Per sottolineare l’assurdità di questa scelta energetica, l’associazione ha presentato questa mattina a Vasto il dossier “Per qualche tanica in più”, in occasione dell’arrivo in Abruzzo della Goletta Verde. Il documento riporta nero su bianco tutti i numeri e le storie di questa corsa all’oro rivelando che in totale oggi in Italia le aree richieste o già interessate dalle attività di ricerca di petrolio si estendono per 29.209,6 kmq di aree marine, 5000 kmq in più rispetto allo scorso anno. Tra quelle maggiormente interessate ci sono: il mar Adriatico che ha sotto scacco delle compagnie petrolifere 11.944 kmq, di cui 2 istanze di concessione, 17 di ricerca e 7 permessi già rilasciati per l’esplorazione dei fondali marini; il canale di Sicilia dove le 5 piattaforme attive estraggono (dato a fine 2013) ben 301.471 tonnellate di greggio (42% della produzione nazionale a mare) e vi sono inoltre 3 richieste di concessione e altre 10 istanze di ricerca; lo Ionio dove oggi non si estrae petrolio ma sono attive richieste per la ricerca di greggio nel Golfo di Taranto.
“Invece di ragionare su come aumentare la produzione di petrolio nazionale, – dichiara Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente – avremmo potuto mettere in campo adeguate politiche di riduzione di combustibili fossili. Ad esempio utilizzando i circa 4 miliardi euro che ogni anno “regaliamo” al settore dell’auto trasporto, come avvenuto nell’ultimo decennio, per una mobilità nuova e più sostenibile. Di certo avremmo avuto riduzioni della bolletta petrolifera e delle importazioni di greggio ben maggiori e durature rispetto al contributo che possono dare le poche quantità presenti nei mari e nel sottosuolo italiano”. Investire le stesso tempo e finanze in efficienza energetica e fonti rinnovabili porterebbe far ottenere risultati decisamente migliori; soltanto sul fronte occupazionale significherebbe avere nei prossimi anni 250 mila nuovi occupati, vale a dire più di 6 volte i numeri ottenuti grazie alle nuove trivellazioni.