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Nel 75% del miele mondiale presenti pesticidi dannosi per le api

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(Rinnovabili.it) – Tre quarti della produzione mondiale di miele contiene pesticidi dannosi per le api. A lanciare l’allarme è un nuovo studio che ha analizzato quasi 200 campioni di miele alla ricerca dei neonicotinoidi, una classe d’insetticidi fortemente neurotossici. Dall’analisi è emerso che la maggior parte dei prodotti presenta tracce di uno o più tipi di contaminanti, e che nel 34 per cento dei casi la concentrazione di pesticidi è addirittura a un livello noto per essere “altamente dannoso” per questi preziosi impollinatori. L’aspetto più sorprendente della ricerca -che ha coperto diverse aree remote, comprese le isole oceaniche – è che quasi nessun posto al mondo è al sicuro. “Il nostro lavoro – spiegano gli scienziati- dimostra l’esistenza di un’esposizione a livello mondiale con concentrazioni che hanno importanti effetti sul loro comportamento, fisiologia e riproduzione”.

 

Un cocktail di pesticidi in ogni cucchiaino di miele

Lo studio è stato condotto tra il 2015 e il 2016 da un gruppo interdisciplinare dell’Università di Neuchâtel (UniNE), in Svizzera, e del Giardino Botanico cittadino. Per testare i livelli di contaminazione, sono stati prelevati campioni di miele da produttori locali in tutto il mondo alla ricerca dei cinque neonicotinoidi comunemente usati: acetamiprid, clothianidin, imidacloprid, thiacloprid e thiamethoxam.

 

“Nel complesso, il 75% di tutti dei prodotti analizzati conteneva almeno un neonicotinoide”, si legge nella pubblicazione. “Di questi campioni contaminati, il 30% conteneva un singolo neonicotinoide, il 45% conteneva due o più, e il 10% conteneva quattro o cinque”.

 

La frequenza di contaminazione risulta più elevata nei mieli ottenuti dal Nord America (86%), Asia (80%) ed Europa (79%). Le dosi misurate per ogni singola sostanza non superano le soglie stabilite per il consumo umano, ad eccezione di due campioni contenenti tutte cinque i pesticidi: sommate insieme le loro concentrazioni andavano ben oltre gli standard di legge.

 

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Cosa sono i pesticidi neonicotinoidi

I neonicotinoidi sono una classe di insetticidi sistemici derivanti dalla nicotina: entrano nel sistema vascolare delle piante diffondendosi anche nel nettare e nel polline. Immessi sul mercato a partire dal 1985 come alternativa “sicura” al DDT, hanno rapidamente preso piede, finendo nelle pratiche agricole di oltre 120 paesi nel mondo. Oggi occupano un terzo della quota di mercato del settore, e sono impiegati principalmente su colture su larga scala, come mais, colza e barbabietola. Basti pensare che attualmente il 33% delle coltivazioni di soia americana vengono da semi trattati con questi insetticidi. Eppure, è fin dagli anni ’90 che sono al centro di crescenti preoccupazioni a causa del loro impatto ambientale.

 

>>Leggi anche La scienza sfata il mito: con meno pesticidi la produzione aumenta<<

 

Oggi non solo è accertato il loro ruolo nella scomparsa delle api a livello mondiale ma sono stati definiti i maggiori responsabili del colony collapse disorder (CCD) ovvero la ‘sindrome di spopolamento degli alveari’.

L’Italia è stata il primo paese a sospenderne l’impiego nel 2008 attraverso divieti temporanei che vengono rinnovati a ogni scadenza. Meno sensibile appare l’Unione europea che ha pubblicato un divieto parziale al loro utilizzo solo nel 2013 e in via provvisoria. Ora sembrerebbe essere pronta a mettere definitivamente al bando, lobby permettendo, l’imidacloprid e il clothianidin prodotti dalla Bayer e il thiametoxan della Syngenta. Salvo poi aver accettato di aprire il proprio mercato ad un migliaio di pesticidi canadesi (leggi anche Con il CETA si rischia il via libera a 1000 pesticidi vietati in Europa).

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