(Rinnovabili.it) – Ogni giorno rischiamo di portare in tavola un vero cocktail di sostanze chimiche. Sono i residui dei pesticidi impiegati in agricoltura, che contaminano i prodotti ortofrutticoli, dal tè ai pomodori.
Boscalid, Penconazolo, Acetamiprid, Metalaxil, Ciprodinil, Imazalil: nomi ai più forse poco conosciuti ma ben noti ai medici che da anni ne hanno riconosciuto l’effetto di interferenti endocrini. Molti hanno soglie di contaminazione ammesse dalla legge ma contengono comunque un mix elaborato di complessi chimici che vengono assunti in maniera simultanea dall’organismo.
A fare uno screening del problema è il dossier di Legambiente “Stop pesticidi” che raccoglie ed elabora i risultati delle analisi sulla contaminazione da fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e trasformati, realizzati dalle Agenzie per la Protezione Ambientale, Istituti Zooprofilattici Sperimentali e ASL. Il rapporto, presentato oggi a Roma, rivela come sebbene i prodotti fuorilegge (cioè con almeno un residuo chimico che supera i limiti di legge) siano solo una piccola percentuale (l’1,2% nel 2015, era lo 0,7% nel 2014), la contaminazione da uno o più residui di pesticidi riguarda un terzo dei prodotti analizzati (36,4%) e in particolare la frutta.
Tra i casi più eclatanti, il tè verde con 21 residui chimici e le bacche con 20, ma anche il cumino con 14 diverse sostanze, le ciliegie con 13, le lattughe e i pomodori con 11 o l’uva con 9 principi attivi.
“Lo studio presentato oggi – ha dichiarato la presidente di Legambiente Rossella Muroni – evidenzia in modo inequivocabile gli effetti di uno storico vuoto normativo: manca ancora una regolamentazione specifica rispetto al problema del simultaneo impiego di più principi attivi sul medesimo prodotto. Da qui la possibilità di definire ‘regolari’, e quindi di commercializzare senza problemi, prodotti contaminati da più principi chimici contemporaneamente se con concentrazioni entro i limiti di legge”.
Non ci sono, tuttavia, solo dati in negativo. In questi anni sta crescendo il numero di delle aziende agricole che scelgono di non far ricorso ai pesticidi e di produrre secondo i criteri biologici e biodinamici. Ed è anche grazie a loro che la percentuale di campioni regolari senza alcun residuo è oggi in leggero rialzo: 62,4% nel 2015 rispetto al 58% del 2014.