(Rinnovabili.it) – Per l’Università di Oxford, il carbone è uno degli investimenti più rischiosi del mondo. Lo ha capito la Scozia, che ha chiuso l’ultimo impianto la scorsa settimana davanti a un tripudio di giornalisti. Secondo un nuovo rapporto dell’organizzazione Sierra Club, redatto insieme a Greenpeace e CoalSwarm, un trilione di dollari investiti nel settore potrebbero finire nella spazzatura a causa delle nuove preoccupazioni nei confronti del cambiamento climatico.
Circa 1.500 nuove centrali a carbone sono in fase di costruzione o pianificazione in tutto il mondo, ma la generazione elettrica da combustibili fossili è diminuita negli ultimi anni, spiega il dossier. In Cina, gli impianti esistenti sono utilizzati solo per il 50% del tempo, mentre l’uso del carbone sembra in calo e 250 nuove installazioni sono state bloccate in metà delle province del Paese.
Il settore del carbone è stato duramente colpito dalla crescente regolamentazione per frenare il riscaldamento globale e tagliare l’inquinamento atmosferico. Anche i nuovi allarmi del mondo scientifico, che sta tentando di sensibilizzare i governi in merito al pochissimo tempo rimasto prima che avvenga l’irreparabile, giocano un ruolo nell’aumento delle preoccupazioni. Infine, il crollo dei prezzi delle energie rinnovabili sta mettendo fuori mercato il combustibile più inquinante.
«Questa ricerca rivela che centinaia di miliardi potrebbero essere sprecati in centrali a carbone non necessarie – ha detto Ted Nace, direttore di CoalSwarm – Ma non c’è in gioco solo il denaro. Il tempo stringe per la transizione all’energia pulita».
Il calcolo delle ONG prende in esame 981 miliardi di investimenti in centrali a carbone, ipotizzando che non tutte verranno realizzate. Per definire il trend, sono stati utilizzati i tassi di implementazione dei progetti registrati negli ultimi 5 anni in ciascuna regione del mondo dove i nuovi impianti sono stati progettati. Il rapporto determina i potenziali impatti solo sulla spesa in conto capitale.
In gran parte, secondo il report, questo denaro non potrà essere recuperato: la cifra supera di una volta e mezza l’importo che l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) ritiene necessario per porre fine alla povertà energetica di 1,2 miliardi di persone. Con il miglioramento della legislazione sul clima da un lato, e le proteste pubbliche per gli impatti sanitari dall’altro, l’industria deve trovare al più presto la via della riconversione. O gli azionisti delle compagnie potrebbero andare incontro a pesanti perdite.