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Performance climatiche: Italia al 21° posto

(Rinnovabili.it) – In fatto di virtuosismi ambientali il mondo manca ancora di unvero leader. Lo rivela a malincuore l’ottava edizione del Climate Change Performance Index (CCPI), l’annuale rapporto di Germanwatch sulle performance climatiche dei 58 più grandi emettitori di gas serra al mondo. La classifica è stata presentata, come da tradizione, in occasione della Conferenza sul clima delle Nazioni Unite come una sorta di summa delle politiche antinquinamento ad oggi messe in atto. Il quadro che ne viene fuori è però ancora una volta deludente. Così deludente da costringere gli autori del rapporto, realizzato in collaborazione con il Climate Action Network (CAN) e Legambiente per l’Italia, a lasciare vacante il podio della graduatoria. “In un momento di forte aumento delle emissioni di gas a effetto serra e degli investimenti nei combustibili fossili, la luce alla fine del tunnel non si vede ancora”, spiega Jan Burck, Team Leader per la politica climatica tedesca ed europea a Germanwatch.

 

La performance dei singoli stati è stata valutata prendendo in considerazione quattro parametri principali: il livello delle emissioni, che pesa per il 30% dell’indice complessivo; il trend delle emissioni nei principali settori (elettrico, industria, costruzioni, trasporti, e abitazioni), che pesa per il 30%; l’uso di energia rinnovabile, che pesa per il 10%; l’efficienza energetica, che pesa per il 10%; e la politica per il clima per il 20%. Inoltre per la prima volta in questa edizione sono stati presi in considerazione anche i dati sulle emissioni provenienti dalla deforestazione che hanno portato ad un calo in classifica di paesi come Brasile e Indonesia, dove il disboscamento ha un forte impatto sulle emissioni globali.

 

A guidare la graduatoria, rispettivamente al 4°, 5° e 6° posto, Danimarca, Svezia e Portogallo anche se sono paesi come Spagna, Italia, Irlanda e Grecia ad aver registrato i  più consistenti passi avanti, in parte dovuti alla recessione di questi ultimi anni, in parte al processo  di disaccoppiamento strutturale tra riduzione delle emissioni e crescita del PIL che sta interessando tutta l’Unione Europea. I due maggiori responsabili delle emissioni, gli Stati Uniti e la Cina, sono ancora relativamente bassi in classifica. “Gli Usa hanno aumentato il loro indice quest’anno, ma in parte a causa della decrescita emissiva causata dalla crisi economica e dalla massiccia esplorazione dei gas di scisto (le cui emissioni non sono prese in considerazione in questa edizione)”, continua Burk. Passi avanti per il Belpaese invece che continua a salire in classifica. “Negli ultimi cinque anni – spiega Mauro Albrizio, responsabile Politiche Europee di Legambiente l’Italia ha fatto significativi passi in avanti, passando dal 48° al 21°posto di quest’anno. Performance dovuta alla riduzione delle emissioni conseguente non solo alla recessione, ma anche al ruolo importante giocato dalle rinnovabili e dall’efficienza energetica negli ultimi anni. I progressi fatti fino ad ora rischiano però di essere compromessi dalla Strategia energetica nazionale (SEN) presentata dal governo”.

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